Un documentario per non dimenticare la “strage inutile”
Stasera alle 22.10 su Rai Storia va in onda “Cassino ieri e oggi”, lo speciale di Paolo Ameli che racconta una delle battaglie più feroci della Seconda guerra mondiale. Il documentario, riproposto da Rai Cultura, ci porta nei luoghi dove si consumò una delle pagine più drammatiche della storia italiana.
Dove prima c’erano le trincee ora c’è una distesa di croci bianche. Sono quelle dei cimiteri militari dove riposano i soldati caduti durante gli scontri. Li sovrasta l’abbazia di Montecassino, ricostruita dopo la devastazione bellica che la ridusse in macerie.
Le voci dei protagonisti rivivono nel documentario
Attraverso le testimonianze di sei persone morte in quella serie di assalti militari, il programma ricostruisce i quattro mesi di battaglia. Dal 18 gennaio al 18 maggio 1944, gli Alleati tentarono di sfondare la linea Gustav per proseguire verso Roma.
Le voci che rivivono sono quelle di un capitano statunitense, una rifugiata italiana e un tenente tedesco. Inoltre, ascoltiamo i racconti di un tenente neozelandese, un cappellano militare francese e un sergente polacco. Ogni testimonianza è accompagnata da immagini d’epoca del 1944 e riprese contemporanee degli stessi luoghi.
I luoghi simbolo della battaglia
Il fiume Rapido, l’abbazia di Montecassino e la città omonima sono i protagonisti di questa storia. Insieme all’Albaneta, alla strada per Roma, a Esperia e a Quota 593 – il Monte Calvario. Questi luoghi scandiscono quella che viene definita la “strage inutile” della Campagna d’Italia.
In questa battaglia persero la vita 135 mila persone. La piccola città del centro Italia divenne teatro di una resistenza accanita. La morfologia del territorio, unita al maltempo, rese difficile agli Alleati l’avanzata verso la capitale.
Il tentativo fallimentare di attraversare il Rapido
I margini del fiume erano alti, le acque gelate e la corrente violenta. Nella storia militare, attraversare un fiume nella linea difensiva nemica si è sempre rivelato fatale. Qui, il 22 gennaio, morì il capitano John L. Chapin insieme a 184 dei suoi uomini. Ne sopravvissero solamente 16.
Il bombardamento dell’abbazia: un tragico errore
A febbraio venne bombardata l’abbazia di Montecassino. In una sola giornata gli Alleati lanciarono 576 tonnellate di esplosivo, una quantità mai vista prima nella storia. Tuttavia, dentro il monastero non c’erano soldati tedeschi, ma rifugiati e pochi monaci rimasti. Un tragico errore che costò la vita a 300 civili di Cassino.
Rimase in piedi solamente il muro occidentale del monastero. Marzo trasformò la città in un luogo irriconoscibile. Per ogni soldato tedesco vennero lanciate 5 tonnellate di bombe.
La resistenza dei “diavoli verdi” e l’ultimo assalto
Sempre a marzo, nell’attacco dell’Albaneta, gli alleati furono fermati dall’artiglieria tedesca. I paracadutisti tedeschi, soprannominati “diavoli verdi”, opposero una resistenza feroce. Tuttavia, questa non bastò a fermare l’avanzata alleata.
A maggio, Esperia era ridotta a un ammasso di rottami, simbolo della disfatta tedesca. Migliaia di soldati attraversarono la città distrutta. Tra questi, anche il cappellano Emilien Baudoin, ucciso poco dopo aver visto quella devastazione.
L’ultimo assalto avvenne a Quota 593, sulle macerie dell’abbazia. Quando tutto finì, il 18 maggio, calò un silenzio irreale sul campo di battaglia. Sotto alle macerie, solo le spoglie di San Benedetto rimasero intatte, quasi a testimoniare la sacralità di quei luoghi martoriati dalla guerra.
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