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Recensione: “Che cos’è un rebus”. Il fascino di giocare con le parole.

Recensione: "Che cos’è un rebus". Il fascino di giocare con le parole. Recensione: "Che cos’è un rebus". Il fascino di giocare con le parole.

Che cos’è un rebus,
edito da Carocci,
di Emanuele Miola.

All’interno della collana Bussole trova spazio questo interessante testo dedicato ai Rebus, capace di fornire strumenti e suggerimenti per arrivare facilmente a risolvere anche gli enigmi più difficili.

Il libro somiglia proprio a una “bussola” per poter guidare il lettore in un percorso, divertente e ricco di spunti di riflessione sull’attività ludica delle parole.

L’etimologia del nome “rebus” è incerta, si fa comunemente risalire all’ablativo latino di res (cosa), a suggerire che la frase è espressa con le cose, ossia con gli oggetti presenti in una vignetta.

Da sempre giocare con le parole ha suscitato nell’uomo un forte fascino, fascino che si può far risalire all’invenzione della scrittura stessa.
Enmerkar e il signore di Aratta” è un antico poema sumero che descrive l’invenzione della scrittura, una conquista dell’ingegno umano tra le più importanti nella storia dell’uomo. Questo racconto epico attribuisce l’invenzione a Enmerkar, il mitico re sumero che fondò la città di Uruk. L’autore riporta il divertente racconto a suon di indovinelli, della sfida tra il signore di Aratta e Enmerkar.

Fin dalla sua invenzione, la scrittura stabilì un profondo legame tra parola e immagine. Infatti le prime frasi erano “disegni”, in gergo semasiogrammi. L’uso di figure e segni per comporre parole sarà anche alla base del principio del rebus. Per citare uno dei tanti esempi del libro, la parola “pesce” in egiziano antico, pronunciata “rèm” veniva scritta accostando il simbolo utilizzato per ‘bocca’ (la cui parte consonantica corrispondeva a r) e quello usato per ‘gufo’ (m). Allo stesso modo come se noi oggi usassimo le due emoji 👑 🌊 per dire ‘remare’.

L’arte di risolvere enigmi legati alle parole, è dunque, antica come il mondo: miti di ogni epoca, come quello di Edipo e la Sfinge, ci tramandano indovinelli e ricerca di ambiguità nello scrivere e nel parlare. Non è dato però sapere se la soluzione fosse accessibile a tutti o solamente a coloro che rivestivano particolari ruoli religiosi e politici. Ci sono stati infatti diversi momenti storici in cui il rebus era usato per veicolare messaggi segreti, decifrabili solamente da chi possedeva le “giuste conoscenze”.

Il rebus moderno è invece un gioco accessibile a tutti, composto di una o più vignette nelle quali alcuni personaggi o alcune cose, dette chiavi del rebus, possono essere contrassegnati da lettere, o più di rado da altri elementi tipografici, che nel gergo dell’enigmistica sono detti grafemi.
Chi si appresta a risolvere l’enigma, in genere è aiutato solo da una sequenza di numeri, che indica le lettere di cui è composta ciascuna parola della soluzione. Il gioco può dirsi risolto correttamente se, tutte le lettere messe in fila secondo i numeri del diagramma, portano a una frase che può essere un proverbio, un motto, un modo di dire o più semplicemente un qualsiasi periodo di senso compiuto.

Sotto l’ombrellone, o rilassati su una poltrona, con in una mano la matita, risolvere giochi di parole non è soltanto un passatempo. Questa divertente attività mette in moto più di un meccanismo cognitivo. Non a caso Freud paragona i sogni ai rebus.

Infatti Freud fece ricorso proprio all’esempio del rebus, con i suoi passaggi da una“prima lettura” a una “seconda lettura”, discoste nel significato ma legate dalla sequenza dei segni per spiegare l’interpretazione dei sogni. Nel rebus le figure sono tradotte in parole che combaciano, in un primo momento, con le figure stesse e poi slittano verso altre parole. Queste formano la frase risolutiva, configurando gli elementi dati in nuovi modi. La soluzione può anche rivelare imprevedibili raccordi con la prima lettura!

Emanuele Miola, insegnante di linguistica generale, non poteva non dedicare parte del manuale allo studio della lingua italiana utilizzata nei Rebus. Sfruttare le conoscenze linguistiche diventa un’arma vincente per giungere più facilmente alla soluzione. Pone l’accento inoltre, sulle differenze tra l’italiano “dei rebus” e l’italiano “standard”. Una volta colta questa sottile differenza di stile e assonanza, disporremo di un’ulteriore tassello per decodificare le vignette dei rebus.

Arrivati in fondo al libro saremo pronti per affrontare, con più destrezza, anche i rebus più complessi, ricordando che la natura stessa dell’attività ludica, permette di spingersi oltre la comprensione e l’analisi puramente tecnica. L’accostamento di linguaggi verbali e non verbali, identificata come una delle chiavi del gioco, produce un percorso che porta ad un allenamento profondo e proficuo del nostro “organo” più insolito, complesso e misterioso: il cervello!

Emanuele Miola insegna Linguistica Generale all’Università di Torino. Ha scritto, tra l’altro, L’italiano dei nativi digitali (RCS-Il Corriere della sera 2013) e Innovazione e conservazione in un dialetto di crocevia (Franco Angeli 2013).

 

 

 

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