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Recensione: Giochi a Firenze e in Toscana nel Rinascimento. Stare insieme e ridere di cuore per un niente.

Recensione: Giochi a Firenze e in Toscana nel Rinascimento. Stare insieme e ridere di cuore per un niente. Recensione: Giochi a Firenze e in Toscana nel Rinascimento. Stare insieme e ridere di cuore per un niente.Giochi a Firenze e in Toscana nel Rinascimento
Alfredo Altieri | Alfredo Scanzani
edito da Sarnus, 2020

“…l’uomo è pienamente tale solo quando gioca”, dice Schiller, perché si ritrova e si conosce: giocando, infatti, ogni individuo riesce a liberare la propria mente da contaminazioni esterne, quale può essere il giudizio altrui, e ha la possibilità di scaricare la propria istintualità ed emotività.

Chi non ricorda con nostalgia i giochi di bambino? Più o meno tutti conserviamo ancora i vecchi giocattoli in soffitta, magari ricoperti da un abbondante strato di polvere. E a volte, siamo tentati di riprendere in mano quei piccoli tesori (il peluche preferito, la bambola alla quale si amava tanto spazzolare i capelli, le macchinine dai colori fiammanti, e ancora il domino, la trottola, i puzzle, i giochi in scatola coi quali ci si divertiva a sfidare gli amici)

Per me, devo ammetterlo, è proprio così. Ricordare i tempi in cui il gioco era una parte preponderante della mia vita mi fa tornare indietro nel tempo, a una fase in cui il mondo era ancora tutto da scoprire, l’approccio alla realtà circostante era istintivo e mosso da una naturale curiosità, e tutto era una continua fonte di stupore e meraviglia.

Il gioco è l’espressione più autentica della cultura umana, è sempre “figlio del tempo” e si adatta al contesto sociale in cui si svolge. La riscoperta dei giochi tradizionali rappresenta pertanto la riscoperta della propria storia, delle proprie origini e del senso di appartenenza. Il gioco stimola l’inventiva, la curiosità, la manualità, l’ingegno; con il gioco il bambino si adatta e si avvicina alla società degli adulti. In queste pagine scorre una carrellata di giochi rinascimentali in Toscana. In quegli anni anni la gente comune era molto povera con un’economia legata quasi esclusivamente all’agricoltura.

Anche qui, come in tutte le società povere, i bambini si costruivano da soli i loro giochi con i materiali che c’erano a disposizione e la fantasia diventava la materia primaria. I giochi si facevano prevalentemente per strada o nei tanti spazi che la natura concedeva, c’era il piacere di fare parte del gruppo di mettersi alla prova riuscendo a superare le difficoltà. Molti giochi hanno un fondo comune di tradizione, in quanto l’uno l’ha imparato dall’altro e spostandosi lo ha modificato e adattato al nuovo ambiente e alle nuove abitudini.

Giochi come il Zoppo Galletto, il Civettino, il Beccaglio o l’Acculatta, sono simulacri di ritualità dimenticate, culture e saperi stratificati in millenni di storia minima.
Gli autori attingono informazioni su questi giochi da documenti più disparati, filastrocche, trattati, opere d’arte, cronache del tempo; fino a ricostruire un sapere ludico multiforme, un vero e proprio manuale illustrato del gioco rinascimentale.

Un manuale dal quale attingere per passare ore di spensieratezza, magari in queste serate estive da vivere all’aria aperta, riscoprendo il sapore del recupero della vita sociale. Un recupero che ha i mille colori della fantasia ritrovata, perchè il gioco è il regno della creatività: basti pensare a quando, da piccoli, ci si inventava storie e si impersonavano ruoli.

“Stare insieme e ridere di cuore per un niente”, spiegano Altieri e Scanzani, “riesce soltanto ai piccoli. Essi sono scaltri per natura, furbi, sanno come vivere la bellezza del gioco e della vita. Osserviamoli, ascoltiamoli, rispettiamoli, torniamo a riscoprire con loro gentilezza e allegria, incatenando ai bordi del campo quella malizia degli adulti che da sempre trasforma il gioco in uno sciocco, rovinoso azzardo”.

Nel gioco si possono far emergere le proprie naturali inclinazioni, dare libero spazio alla parte più autentica di sé e lasciare che ogni cosa sia possibile e concessa.

Alfredo Altieri è nato a Ronta (Borgo San Lorenzo) e vive a Firenze. Autore di numerosi articoli, saggi e libri, è un appassionato e profondo conoscitore della cultura della storia e delle tradizioni del Mugello e dell’Alto Mugello.
Alfredo Scanzani, giornalista professionista, gioca anche con la fiaba, con la storia cittadina della Toscana e con la cucina (La Bibbia della trippa con Roberto Baldini).

 

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