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Recensione: “Ombre sul Naviglio”, crimini e pene d’amore per la fioraia del Giambellino

Recensione: "Ombre sul Naviglio", crimini e pene d'amore per la fioraia del Giambellino Recensione: "Ombre sul Naviglio", crimini e pene d'amore per la fioraia del GiambellinoMilano, si sa, è considerata la vera metropoli italiana, ancor più della capitale Roma. Quello che non si conosce, invece, è la sua dimensione di quartiere, ereditata nella storia, e che la rende, almeno nelle sue zone storiche, un vero e proprio paesone.

Ecco perché non ci si stupisce, nelle storie del Giambellino, sin dalle citazioni di Gaber ne La ballata del Cerutti, di trovare dinamiche più provinciali che da grande città, ivi compresa un’umanità capace di scardinare tanti luoghi comuni sul tipico abitante milanese.

Rosa Teruzzi ha fatto del Giambellino e di alcune sue rappresentanti, su tutte la fioraia Libera e la pittoresca madre Iole, un vero e proprio marchio di fabbrica. Del resto lei, monzese di nascita e milanese d’adozione, conosce bene ciò che descrive nei suoi romanzi e questo traspare dalla naturalezza della scrittura, che si fa apprezzare per una esibita semplicità, frutto appunto di una padronanza completa dell’argomento.

Libera e Iole giungono, con Ombre sul Naviglio (Sonzogno) alla loro sesta avventura e non sembrano per nulla stanche, a dispetto della figlia di Libera, Vittoria, che invece le vedrebbe ben volentieri lontane da crimini e problemi, essendo preoccupata sia per la loro incolumità che per le interferenze con il proprio lavoro di poliziotta.

Anche in questo romanzo non mancano gli importanti personaggi di contorno, in particolare i giornalisti de La Città, il quotidiano locale che segue da vicino le indagini condotte dal dinamico duo. Stiamo parlando ovviamente del caporedattore Cagnaccio (detto il Dog) e la sua assistente Irene, ovvero la Smilza. Costoro hanno un ruolo fondamentale nel romanzo, agendo da stimolo e talvolta da pungolo quando le nostre protagoniste mostrano qualche segno di cedimento o stanchezza.

Già, perché mentre Iole trova continuamente stimoli nuovi, essendo iperattiva e disincantata come solo una hippie fuori tempo può essere, Libera, più riflessiva e moderata, subisce una vera e propria crisi sentimentale che ne limita le azioni, quando non la paralizza completamente. Muflona, la definisce Iole, e forse in fondo lei ci si riconosce. Anche Irene, scopriremo, vive un momento similare e alla fine saranno proprio i sentimenti a prendere le redini di Ombre sul Naviglio, talvolta mettendo in secondo piano la trama noir, e rendendo persino Iole meno sconclusionata e più profonda.

È indubbio che la Teruzzi viva con i suoi personaggi una vera e propria simbiosi. Il suo sguardo sul microcosmo frutto della sua creazione è sempre benevolo e divertito, quasi che talvolta siano proprio Libera, Iole e gli altri a prendere l’iniziativa con l’autrice che li lascia fare, per vedere l’effetto che fa. Il risultato, come detto, è un romanzo che fila via veloce e che coinvolge nel gioco del doppio binario, giallo e rosa, senza particolari sconvolgimenti e anzi con grande naturalezza.

Anche Ombre sul Naviglio, come i cinque romanzi precedenti della serie I delitti del casello, è un volume smilzo: sono tutti e sei sotto le 200 pagine. A questo punto si può parlare di una cifra stilistica ponderata, proprio per garantire una lettura agevole e spensierata. Resta la curiosità di capire quanto dell’autrice sia trasportato nel libro. Del resto, proprio come il Dog, la Teruzzi è caporedattrice, nel suo caso della fortunata trasmissione Quarto Grado.

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