Il rapimento di Cristina Mazzotti

Una vicenda la cui eco, a distanza di 50 anni, non si è ancora spenta. Il 30 giugno 1975, in una sera d’estate come tante, Cristina era in vacanza ad Eupilio in provincia di Como quando, tornando a casa, viene rapita da tre uomini armati e a volto scoperto. È l’inizio di settimane d’angoscia per la famiglia Mazzotti, scandite dalle telefonate agghiaccianti di un uomo che si fa chiamare “il Marsigliese”. La richiesta dei rapitori è astronomica, addirittura 5 miliardi di lire, fuori dalle possibilità di Elios, il papà di Cristina. La banda dei custodi, composta da tre uomini e due donne, non ha nessuna pietà. Cristina tenuta prigioniera in una buca, respira attraverso un tubo e verrà trovata sepolta dai rifiuti il 1° settembre del 1975 nella discarica di Varallino a Castelletto Ticino. Il processo, che si è tenuto presso la Corte d’Assise di Novara e che ha coinvolto anche alcuni mandanti in Calabria, è stato uno dei primi ad essere ripreso dalla tv. Il rapimento di Cristina Mazzotti è rimasto nella coscienza collettiva come uno dei più orribili dell’epoca buia dei sequestri. A distanza di 50 anni dai fatti, si sta celebrando ancora un processo al commando che rapì materialmente Cristina Mazzotti la notte del 30 giugno 1975, un capitolo che la prima inchiesta aveva lasciato insoluto.
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