Simona Salis è una cantautrice e insegnante di musica nata a Cagliari. Dopo aver completato gli studi superiori in Sardegna, ha proseguito la sua formazione all’Università di Siena, dove ha studiato Storia della Musica e dello Spettacolo. Nel corso della sua vita, ha vissuto in diverse città, tra cui Londra e Milano. Simona risiede a Varese, dove ha fondato la scuola di musica “Bips School” insieme al compagno Ivan Ciccarelli.
L’abbiamo incontrata in occasione dell’uscita del suo nuovo album, S’Anima.
Ciao Simona, benvenuta.Prtiamo dai tuoi primi passi. Tu ti occupi di musica fondamentalmente da sempre, però vorrei sapere come è nata la tua passione per la musica.
Il primo ricordo che ho è sotto un albero di fico, perché era un’estate caldissima in Sardegna. Mi ricordo che arrivò una chitarra a casa mia, questa bella chitarra sul divano che nessuno utilizzava perché la mia è una famiglia che non ha niente a che fare con la musica. Prendo questa chitarina tra le mani e, come puoi immaginare, all’inizio quando si imparano gli accordi sei una vera lagna, quindi venivo cazzata regolarmente da casa e finivo sotto questa pianta. Mi ricordo che passai un’estate proprio a imparare questi accordi con il latte di fico che mi colava sulla schiena. Quel latte ustiona ma non me ne rendevo conto, ero talmente immersa in questa magia e tempo un mesetto, un mese e mezzo, imparai i primi accordi e venne fuori la prima canzone. Ecco, da lì non ho mai più smesso, avevo 13 anni, da quell’estate lì ho iniziato proprio a raccontare quello che mi succedeva. Infatti le prime canzoni erano le classiche canzoni d’adolescente, quindi l’amore non corrisposta.sai queste cose qua di cui mi vergogno anche un po’ però…
Perché? Ci sono alcuni cantatori anche famosi e ci stanno facendo una carriera da anni!
E certo, su questa lagna dell’amore non corrisposto! Sì, in effetti, vabbè. Però sai, erano le prime esperienze, i primi passi, quindi le canzoni non è che venissero benissimo con tre accordini, poi beh, ho ampliato il mio studio. Dopo ho sperimentato in un sacco di lingue, ho scritto, ho collaborato con tantissimi musicisti, finché non sono arrivata al primo album, “Chistionada de Mei”, il primo album in sardo. Anche quello nato con veramente una semplicità… Apri proprio un vasetto di Pandora e viene fuori tutto da solo. Mi stupì, mi ricordo che scrivevo le prime cose in sardo e dicevo, ma da dove arrivano queste cose? Quindi ho dovuto approfondire lo studio del sardo perché lo conoscevo, diciamo… lo sentivo parlare dai miei nonni, dai miei zii, però non è che andassi a leggere le poesie o approfondissi particolarmente la lingua. E invece ho scoperto che dentro di me c’era tanta conoscenza di questa lingua bellissima che è antica e ancestrale. E così è venuta fuori, ho iniziato questo percorso e a scrivere gli album in sardo, appunto.
Una terra che tu hai dovuto abbandonare ma che evidentemente senti tu al 100 %?
Sì, nel profondo dell’anima evidentemente è molto forte il legame che ho con la Sardegna, molto meno che rispetto a quello che vivono alcuni immigrati, cioè il desiderio dei sapori, delle abitudini, ecco quelle cose lì particolarmente non mi mancano, ma sento fortissimo un legame proprio con la terra, un radicamento profondo che non riesco ad abbandonare. Sembra anche molto più antico di questa vita, ecco non so come spiegarti.
Sì, è molto chiaro, effettivamente è una cosa molto profonda quella che stai dicendo. Tu quando torni in Sardegna hai bisogno proprio del contatto con la terra?
Tantissimo, pensa che adesso per fare l’intervista mi sono scalzata. Sì, sì ma guarda. Ho il pavimento di legno qui nel mio studiolo, ho proprio bisogno dei miei piedi, le mie radici si devono appoggiare alla terra, probabilmente è un elemento che a me appartiene tanto. Pensa che sulla piede destro ho un tatuaggio, ho delle radici che salgono dal piede sino alla gamba.
Ascoltando la tua musica c’è un po’ un incrocio, c’è sicuramente tanto folk, c’è molto della canzone popolare e anche una venatura jazz. Come è nato questo mix straordinario?
Allora hai detto giustissimo secondo me perché queste tre branche vengono acchiappate nella mia musica, considera che io scrivo chitarra e voce, quindi quello che può risultare nella scrittura è una classica canzone che poi può essere interpretata in mille modi. Alla fine il colore che viene dato dalla produzione è in gran parte il merito di Ivan, mio marito Ivan Ciccarelli che è poi il produttore storico di tutti dei miei album. E lui che ha questo amore per la musica a tutto raggio, come me d’altronde. Quindi ascoltiamo dal metal alla world fino a Zakir Hussain, il tablista indiano. Quindi abbiamo pareti di strumenti che vengono da tutto il mondo. Infatti quello che senti non è frutto di un campionatore (adesso con i computer e si riproducono i suoni di un milione di strumenti, realistici, molto belli) ma è proprio lui che li suona, li prende e dice “quasi quasi qui in questo pezzo metto un click di tongue drum”, che è uno strumentino a legno bellissimo che ha un suono profondissimo, sembra di suonare dei tronchi d’albero. Quindi la magia viene data principalmente da lui e da tutto questo amore che abbiamo per la musica bella ma a tutto raggio, non c’è una che è scarto a priori, se è fatta bene merita.
Tu parlavi di Chistionada de Mei che è il tuo primo lavoro del 2006. Riascoltandolo oggi, quanto ti senti cambiata da quell’esperienza?
Musicalmente mi sembra un filo che non ho mai lasciato, nel senso che sono sempre io, probabilmente arricchita delle esperienze che ho vissuto, però non direi proprio un cambiamento. C’è sempre un filo conduttore, sono sempre io con un bagaglino di esperienze in più, che porto nello zainetto.
Hai vinto molti premi, sei arrivata anche finale al Premio Tenco. Quanto sono importanti i riconoscimenti per te?
Sono importanti soprattutto quello del Tenco, perché poi è dato da una giuria che ha delle competenze importanti quindi essere riconosciuta, ascoltata da chi ha la capacità di ascoltare profondamente con una certa tensione è un riconoscimento per me è importante, assolutamente importante.
Nel tuo disco c’è un featuring importantissimo di Antonella Ruggiero che ha bisogno di presentazioni. Ci racconti come è nata questa collaborazione?
Molto volentieri. Allora, guarda, a parte che conosco Antonella da più di vent’anni e lei ha sempre sostenuto il mio lavoro. Le è sempre piaciuto, ho aperto i suoi concerti diverse volte. E a settembre del 2024 mi sono detta “questo brano che parla di donne, di spessore, di anima, mi piacerebbe tanto condividerlo con una donna che abbia queste caratteristiche, questa profondità”. Allora ho pensato ad Antonella, le ho scritto un’email mandandole il brano senza molte aspettative ,perché Antonella non è certo famosa per i duetti. Lei invece mi ha risposto subito, dicendomi “guarda Simona, il brano è bellissimo, facciamo assolutamente questo duetto, lo canto volentieri”. Quindi puoi immaginare: sorriso per una settimana. Ero felicitissima. Guarda, la stimo proprio, non solo come artista, è come persona. E’ veramente molto profonda, una donna di spessore, Antonella.
Hai già in mente di fare qualche live o ancora non ci hai pensato?
Vorrei farne tantissimi Luca, adesso ci sono in ballo 4-5 opzioni, stiamo chiarendo le date eccetera. Ci siamo occupati del lavoro più discografico in questo momento di promozione. ma mi auguro con tutto il cuore che venga fuori qualche data perché la cosa che amo di più è portare live la musica. È fondamentale per me, non avrebbe senso secondo me scriverla, tenerla in un cassetto o metterla sì in un disco, che è bello, rimane, ma è il live alla fine, la comunicazione profonda, avviene lo scambio in quel momento.
Hai già in mente quale sarà la tua prossima evoluzione musicale o ancora ti stai dedicando a questo disco quindi non c’hai ancora pensato?
Sì, siccome sono una macchina da guerra in realtà sto già lavorando intorno ad un altro tema, perché vado per nuclei tematici negli album, che così sembrano quasi dei concept album. Adesso ho fatto diverse letture, al centro c’è di nuovo la donna. In questo album di cui stiamo parlando c’è l’anima al centro e poi nelle varie spaccettature c’è questa, appunto, che ho condiviso con Antonella che parla proprio di ave e di donna e di anima passata, pregressa. Ma in questo nuovo album credo che mi dedicherò al vissuto delle donne, come le paure, le violenze, le esperienze. Per ora sto lavorando su quelle negative, che vengono macinate, ritrittate e rielaborate dalle donne. Infatti, c’è un brano molto bello che ho già scritto che si chiama Scarpe rosse, su cui ho lavorato proprio domenica e sono innamoratissima, mi piace da morire, quindi penso che lavorerò su questo nuovo nucleo tematico.
Visto che hai batterizzato l’album come concept album, raccontaci il concept di questo album
Il concept di S’anima è un lavoro a tutto raggio su questa essenza, questa cosa che noi chiamiamo anima, che non si può descrivere se non con la propria immaginazione. Tu sai che animos significa soffio di vento in greco? Io penso sempre che questo soffio di vento sia un la mia voce che esce fuori, questo vento interiore che racconta ciò che c’è dentro. Poi analizzando questo concetto di anima, in realtà trovo che l’anima, questo soffio di vento appunto, sia collegato all’esterno con ciò che ci circonda e quindi ho voluto raccontare tutte le sfumature che mi venivano in mente legate a questo collegamento tra il nostro dentro e questo tutto. Quindi la vita legata all’amore, a queste anime che si incontrano in ogni esistenza, le canzoni sono legate alle anime gemelle, ci sono canzoni legate all’anima che vive il dono della vita, cioè quando una mamma regala la vita ad un’altra anima, quando il tuo corpo fa da tramite, da navicella, per trasportare un’altra essenza, un’altra anima. Sono tutte queste sfumature che raccontano quello che immagino sia la vita di ognuno di noi, perché sono esperienze che condividiamo.
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