Ottanta voglia di libertà: 25 aprile, il valore incancellabile

Ottanta voglia di libertà: 25 aprile, il valore incancellabileOttant’anni. Un arco di tempo che copre quasi quattro generazioni, un periodo sufficiente a trasformare radicalmente una società, a guarire ferite profonde, ma anche, pericolosamente, a sfumare i contorni della memoria. Celebrare l’ottantesimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo non è, e non deve mai essere, un mero esercizio retorico, una stanca ricorrenza da calendario. È un imperativo civile, un momento di riflessione profonda sul fondamento stesso della nostra Repubblica e sui valori irrinunciabili che quel 25 aprile del 1945 rappresentò e continua a rappresentare: il rifiuto assoluto di ogni tirannia, l’affermazione della democrazia, il respiro vitale della libertà.

Ricordare oggi significa, prima di tutto, avere il coraggio di guardare indietro, all’abisso da cui siamo faticosamente riemersi. Significa ricordare cosa fu il ventennio fascista: la soppressione violenta del dissenso, l’abolizione delle libertà fondamentali – di pensiero, di parola, di stampa, di associazione – la costruzione di uno Stato totalitario che permeava ogni aspetto della vita civile, l’aberrazione delle leggi razziali, la tragedia di una guerra sciagurata combattuta al fianco di una dittatura, quella nazista, fondata sull’odio e sulla sistematica negazione della dignità umana. La Liberazione fu la fine di quell’incubo, la rottura delle catene che soffocavano il Paese.

Quel giorno non fu un regalo piovuto dal cielo, ma il culmine di una lotta sanguinosa e coraggiosa, la Resistenza, combattuta da uomini e donne di estrazioni, ideologie e fedi diverse, uniti da un comune anelito: liberare l’Italia dall’occupante tedesco e dal regime fascista che lo sosteneva. È qui che la figura del partigiano assume il suo ruolo centrale, storico e simbolico. Furono loro, con le armi in pugno, a pagare spesso il prezzo più alto nelle valli, sulle montagne, nelle città.

Sarebbe storicamente disonesto, e ingenuo, dipingere la Resistenza come un’epopea senza macchie, un blocco monolitico privo di contraddizioni. Certo che vi furono errori, ingenuità, anche episodi oscuri e atti che, analizzati con il senno di poi e fuori dal contesto brutale di una guerra civile e di liberazione, possono apparire discutibili. La violenza chiama violenza, e in quella lotta fratricida si commisero anche atti non giustificabili secondo i canoni di una pace che ancora non c’era. Ma guai a usare queste ombre, queste inevitabili imperfezioni umane nel caos della guerra, per gettare discredito sull’intera esperienza partigiana, per relativizzare, per insinuare un’inaccettabile equivalenza tra chi combatteva per la libertà e chi difendeva o imponeva la dittatura.

La grandezza storica della Resistenza non risiede infatti in una presunta perfezione morale dei suoi singoli attori, ma nella scelta fondamentale che essa rappresentò: la scelta di stare dalla parte giusta della Storia, la scelta di opporsi attivamente alla barbarie nazifascista, la scelta di lottare per restituire all’Italia la dignità, la democrazia, la libertà. I partigiani lottarono per qualcosa: per un futuro in cui le opinioni potessero essere espresse senza timore, in cui le elezioni fossero libere, in cui la legge fosse uguale per tutti, in cui nessuno dovesse più temere persecuzioni per le proprie idee, la propria fede o la propria origine. Lottarono per quei principi che oggi sono scolpiti nella nostra Costituzione, nata direttamente da quello spirito di Liberazione.

Ecco perché, a ottant’anni di distanza, il 25 Aprile ci parla ancora con straordinaria forza. Ci ricorda che la libertà e la democrazia non sono conquiste definitive, ma beni preziosi da custodire e difendere ogni giorno. Ci mette in guardia contro i nuovi autoritarismi, contro i rigurgiti di intolleranza, contro la tentazione di riscrivere la storia per edulcorare le responsabilità del fascismo o per denigrare chi lo combatté. Ci insegna che il pluralismo, il confronto, persino il dissenso aspro, sono il sale della democrazia, l’antidoto al pensiero unico imposto dalle dittature. La libertà di espressione, oggi così spesso data per scontata o persino abusata, fu uno dei primi beni riconquistati l’indomani della Liberazione, ed è nostro dovere proteggerla da ogni attacco, diretto o subdolo che sia.

Celebrare l’80° anniversario della Liberazione significa onorare la memoria di chi cadde, rinnovare il patto fondativo della nostra Repubblica, e soprattutto, trasmettere alle nuove generazioni la consapevolezza che la libertà è il valore supremo, quello per cui vale sempre la pena lottare. Non dimentichiamolo mai. Buon 25 Aprile, Italia.

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