“The Post”

Un film con Tom Hanks e Meryl Streep, diretto da Steven Spielberg, che narra di un momento importante nella storia della libertà di stampa: è “The Post“, in onda domenica 15 giugno alle 21.10 su Rai Storia per il ciclo “Binario cinema”. Nel giugno del 1971 i principali quotidiani degli Stati Uniti, tra cui il “New York Times” e il “Washington Post”, presero posizione in favore del diritto all’informazione, dando conto all’opinione pubblica americana su alcuni documenti del Pentagono e rivelando segreti governativi di quattro decenni di storia. Katherine Graham (Meryl Streep), prima editrice del Washington Post, e Ben Bradleee (Tom Hanks), il direttore della testata, formano una squadra di giornalisti chiamata a sostenere la libertà di espressione contro il tentativo senza precedenti dell’amministrazione Nixon di limitare il Primo Emendamento.
Il passato al presente (The Post), il futuro al passato (Ready Player One). Nell’arco di due mesi, Steven Spielberg sarà riuscito a cristallizzare quella che era oramai un’evidenza poetica e teorica: il suo passatismo “attuale” e attualizzante; una nostalgia non languida ma energica ed irriverente, ironica e affermativa, futurista; la fuga altrove (passato storico, futuro virtuale) come condizione originaria e generativa per parlare, indirettamente, del presente, del “qui”. E proiettarci in un futuro meno oscuro, un “luogo” magico dove il cinema esiste (ancora) e resiste; un cinema capace di coniugare azione, dizione e reazione e di costruire un racconto spedito e stringente. Il passato di Spielberg non parla più (“soltanto”, come in Lincoln e Il Ponte delle spie) del passato al presente, ma intende proiettarsi nel futuro. È pura maiueutica del divenire, di un avvenire che si spera palingenetico. È un cinema testimoniale e resistente; che rinvigorisce il classico trasformando la sua sedicente “trasparenza” in necessità non più (solo) strutturale ma strutturante un pensiero, una riflessione cogente sul presente, da trasmettere.
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