“Tazzine di ricordi”: il progetto che fa sorridere Alzheimer, bambini e nonni a Scandicci

“Tazzine di ricordi”: il progetto che fa sorridere Alzheimer, bambini e nonni a ScandicciQuando l’Alzheimer entra in casa: la storia di Daniela

Daniela ha solo 66 anni accanto a un marito cambiato dalla malattia.
L’Alzheimer gli porta scatti d’ira, aggressività verbale, una forte apatia.

In casa regna la tensione.
Lei non sa più come parlargli, come aiutarlo a mantenere le funzioni cognitive.
Soprattutto, non sa come difendere la loro qualità di vita.

Così decide di chiedere aiuto alla cooperativa sociale Nomos.
È un passaggio cruciale.
Qui trova un percorso di psicoeducazione in sei incontri, pensato per i familiari.
Il marito, invece, inizia a frequentare il Caffè Alzheimer del territorio.

Si tratta di uno spazio protetto per persone con demenza e caregiver.
Un luogo libero, dove ascolto, attività creative e momenti ricreativi si intrecciano ogni settimana.

Nasce “Tazzine di ricordi”: bambini, anziani e un asilo speciale

All’interno del Caffè Alzheimer prende forma il progetto “Tazzine di ricordi”.
Il teatro di questa esperienza è Il Giardino delle Tate, asilo privato convenzionato di Scandicci.

Il progetto è patrocinato dal Comune di Scandicci.
Nasce dall’incontro tra la cooperativa sociale Nomos e Lo Spazio delle Donne.
In particolare con il loro Spazio Famiglia, attivo proprio nel nido d’infanzia.

L’idea è semplice, ma rivoluzionaria.
Mettere insieme anziani con Alzheimer e bambini dell’asilo.
Offrire a tutti un luogo sicuro, delicato, colorato, dove nessuno si sente “sbagliato”.

Incontri mensili tra musica, merenda e teli colorati

Da febbraio a ottobre 2024 gli incontri hanno una cadenza mensile.
Sono coinvolti 12 anziani con i loro caregiver e 18 bambini.

Gli anziani arrivano dal Caffè Alzheimer, spesso accompagnati da figli o coniugi.
I bimbi li aspettano nelle stanze del nido, riconoscendo presto volti e voci.

Si fa merenda insieme, prima di tutto.
Poi iniziano le attività esperienziali guidate.
Partecipano educatrici, operatori, musicoterapeuti e arteterapeuti.

Ci sono palline morbide, teli colorati che danzano nell’aria, musica che stimola memoria ed emozioni.
I gesti sono semplici, ma il clima è intenso.
I bambini osservano, imitano, ridono.
Gli anziani seguono, si lasciano trascinare, si aprono.

Il cambiamento di Daniela e di suo marito

Anche Daniela e il marito partecipano agli incontri con entusiasmo crescente.
L’effetto non si vede solo nel nido.

Daniela, infatti, applica a casa le indicazioni ricevute dalla psicoeducatrice.
Cambia il modo di rivolgersi al marito, modula la voce, prepara meglio i momenti critici.

“Ha notato che il suo modo di comportarsi e comunicare ha effetti positivi” racconta Elena Poli.
Poli è psicologa e referente del progetto per Nomos.

Gli scatti d’ira diminuiscono.
Il marito appare più rasserenato, l’umore migliora.
Non è una guarigione, ma è un cambio di atmosfera familiare.

Per questo Daniela decide di fare un passo in più.
Iscrive il marito non solo al Caffè Alzheimer, ma anche agli Atelier Alzheimer.
Sono laboratori strutturati dedicati alle persone che vivono la demenza.

Un monitoraggio scientifico per misurare emozioni e benefici

Il progetto non è solo emozione.
È anche ricerca sociale e sanitaria sul campo.

Durante le attività viene compilata una scheda di osservazione e monitoraggio.
La scheda riguarda sia anziani sia bambini.
Ogni partecipante riceve un punteggio su diversi aspetti.

Si valutano grado di partecipazione, livello di coinvolgimento, capacità di attivazione.
Si osservano anche eventuali segnali di ansia, irritabilità, disagio.

I risultati sono chiari e positivi.
Gli incontri diventano “un dono per tutti”, spiega Elena Poli.

Per i bambini aumentano le conoscenze sulla vita, sulla fragilità, sulla cura.
Per gli anziani torna “lo scintillio dell’esistenza”, una scintilla di senso quotidiano.
Per gli operatori arriva una conferma forte.

La paura del “diverso” mostra tutta la sua inconsistenza.
L’esperienza suggerisce di replicare il progetto.
E di estenderlo anche alle scuole dell’infanzia, in un’ottica di vero welfare di comunità.

Intanto “Tazzine di ricordi” resta un modello concreto per chi affronta la demenza.
E una storia potente per ogni caregiver familiare che cerca strumenti, non solo consolazione.

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