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Chronos & Kronos, ovvero Paolo&Francesco – Li ho attesi tutto il giorno

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Li ho attesi tutto il giorno

F Che fai, adesso? Piangi?
P – Solo qualche lacrimuzza, porgimi la spalla.
F – Al massimo, un fazzoletto. Che hai, si può sapere?
P – Siamo sommersi, fRa. Siamo sommersi.
F – Ancora con la storia del riscaldamento globale? Guarda che-
P – Macché! Il cattivo gusto, fRa. L’altro giorno ero sulla spiaggia della Feniglia…
F – …a delirare l’infinito del Mar Tirreno…
P – Fammi parlare. Pensavo a un Mc Donald’s sulla Casilina.
F – Che immagine distopica. I pini e gli hamburgers.
P – Pensavo a due ragazzini che si rimpinzano di schifezze dentro quel locale riprendendosi col cellulare. All’inevitabile applauso web che ne è conseguito.
F – Esiste l’applauso web?
P – Ormai non si fa altro che applaudire. E più una cosa è di cattivo gusto più si applaude, e mica per sostenere, sai? Per far rumore. Adesso anche i minuti di silenzio sono diventati minuti di rumore. Siamo sommersi.
F – Sei stato alla Feniglia, hai detto? Bello. C’erano i fenicotteri?
P – Li ho attesi tutto il giorno. Niente.
F – E chissà quando arriveranno.
P – Siamo fermi sull’arenile, giochiamo a infilare legnetti nella sabbia bagnata ma la risacca li fa cadere. Siamo sommersi, fRa.
F – Ancora no, caro Paolo. C’è ancora una possibilità. Vediamo se la indovini.
P – Forse non ci resta che sperare nell’arrivo salvifico di Qualcuno. Forse, poco prima del crepuscolo, arriveranno Albert e Luciano, assieme a Pier Paolo, a leggerci brani da L’uomo in rivolta o da Il lavoro culturale. Pier Paolo arriverebbe coi calzoni rimboccati fin sopra i polpacci da calciatore, il torso magro da fachiro dell’anima. Ci metteremmo a sedere sulla sabbia a lamentarci dell’Italia, dell’occidente intero.
F – No, che palle Paolo! Avevo pensato tutt’altro.
P – Tacere? Mai!
F – No, no. Agire. In senso contrario, ovviamente. Fare quello che Albert, Pier Paolo e Luciano hanno fatto per una vita. Andare contro ai maestri, al loro senso ormai chiuso nello stretto di un libro e mischiarsi alla gente. Hai presente Mishima?
P – Ah, ti aspettavo al varco. Occupare una caserma–
F – Fammi finire. Occupare una caserma e sequestrare un generale no, non va bene e non ne abbiamo bisogno; ma salire fino a un punto dove tutti possono vederti, sentirti, dire quello che pensi e essere pronto alla contestazione, ai dissensi, al dileggio-
P – Al suicidio rituale.
F – Sì, Mishima decise di darsi la morte: fu una sua scelta, non credo pretendesse dagli altri una cosa del genere; ma pensare che c’è sempre Qualcosa di più importante di noi – intendo dire noi come entità singola – e per quel Qualcosa essere disposti a mettersi da parte, sacrificare tutto, ecco: questo credo sia quello che Mishima voleva dire. Di questa certezza abbiamo bisogno, oggi.
P – Ma siamo sommersi, fRa.
F – Chi affoga, dicono, si attaccherebbe anche ai rasoi. Davvero siamo convinti di essere sommersi, che stiamo per affogare? Facciamo qualcosa, perdio! O per chi vuoi tu.
P – Per gli altri.
F – Per gli altri, sì. Facciamo rumore fuori, va bene; ma l’importante è che quel rumore parta dentro di noi. E’ lo spirito, che conta. Piangere non bisogna, diceva Marina Cvetaeva.
P – Neanche una lacrimuzza? Magari confidando nell’impossibile.
F – Neanche mezza. Sai perché? Perché, come lasciò scritto Mishima: la vita è breve; eppure vorrei vivere per sempre.

Paolo Banfi & Francesco Tozzi

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