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La luna storta di Francesco Tozzi – Decollare

La luna storta di Francesco Tozzi - Decollare La luna storta di Francesco Tozzi - DecollareDecollare

Mi è apparso in sogno Ettore Muti, ci siamo detti un sacco di cose.

“Signor Muti…”

“Ettore. Chiamami Ettore. Che anno è?” ha chiesto lui.

Gliel’ho detto. E’ sbiancato.

“Ho fame.”

L’ho invitato a La Parolaccia, a Roselle, dove porto sempre tutti i miei amici foresti.

“Bravo, si mangia bene qua.” dice facendo la scarpetta. “Però non c’è neanche una donna.”

“Però si spende poco” ho replicato.

Lui: “Che risposta da lombrico”

Ci sono rimasto male.

“Ma tu che fai nella vita? Ce l’hai la ragazza?”

“Scrivo. Sì, ce l’ho. Ma è la donna di un altro.”

Mi guarda. I suoi occhi verdi sono due piccole fessure.

“E ci vai in aeroplano?”

“No, ma mi piacerebbe”

“Ti ci porto”

Nel tragitto dalla Parolaccia al Baccarini:

“Sei ordinato tu, lombrico. Vero?” mi chiede, sornione, a voce stranamente bassa, guardando l’interno della mia macchina.

“Abbastanza”

“Vuoi essere il mio attendente?”

“Per attendere lei, signor Muti, ci vogliono ben altre doti che le mie”

Pausa di lui.

“Chiamami Ettore. Sei intelligente.”

“Se lo dice lei”

“Dammi del tu. Perché scrivi?”

“Perché mi piace”

“E alle donne piaci?”

“Non mi posso lamentare”

Arrivati all’aeroporto prendiamo un Cessna. Lui voleva andare diretto verso gli Eurofighter, ma l’ho dissuaso.

Il proprietario dell’aeroclub non era molto d’accordo; ma Muti l’ha steso con un destro, mi ha ordinato di salire e siamo decollati.

“Lombrico, ti piace?!”

“Un sacco!

“A chi l’aereo?!” ha gridato.

E io ho risposto, sempre gridando: “A NOI!”

“Quanti fascisti ci sono nella zona?” mi ha chiesto.

“In che senso?”

“Camerati. Gente fidata.”

“Non saprei”

“Parla, lombrico! Dì le cose come stanno!”

“Oggi è cambiato tutto, signor Muti, cioè Ettore. I fascisti…non ci sono più. Cioè, sono una cosa diversa da…”

“Ma se la moglie del tipo mi ha urlato dietro FASCISTA DI MERDA!”

“Sì ma oggi dire fascista è un po’ come dire stronzo. Tu devi offendere uno pesantemente e allora dici fascista.

“Come sarebbe? E’ diventato un’offesa?”

“Sì.”

“E il Re che dice?”

“Non c’è più. C’è la repubblica, adesso”

Planiamo nell’aria.

“Ma qualche fascista sarà rimasto!” mi dice, già meno baldanzoso.

“Vuoi vederli davvero?”

“Sì”

Prendo il cellulare, glieli faccio vedere. Tutti.

“E’ uno scherzo?”

“No. Poi loro dicono che no, non sono fascisti, però tutti dicono che mentono”

“Atterriamo” dice lui, mestamente.

Ma non fa in tempo a dirlo che ci affianca un elicottero dei carabinieri.

L’ufficiale ci fa segno di atterrare; io guardo Muti, e gli chiedo:

“Maresciallo, che facciamo?”

“Chiamami Ettore”

Atterriamo in un campo vicino a La Parrina. I carabinieri urlano: “scendete con le mani alzate!”

Muti mi guarda, mi dice: “Scusa lombrico, se ti ho messo in questa situazione.” poi prende una pausa e mi chiede: “Vorresti svegliarti, vero?”

Io, con gli occhi lucidi, gli rispondo: “No, Gim. In realtà no.”

Lo chiamo col soprannome che gli dette d’Annunzio, lui sta per commuoversi, ma si trattiene, dice:

“Adesso scendo e dico che è tutta colpa mia, vediamo come va. Non avere paura.”

Io faccio sì con la testa.

“Non avere paura” mi ripete.

Muti scende dal Cessna. Ha il cappotto di pelle e il colletto di pelliccia, i pantaloni “a prosciutto” con le righe nere. Il caschetto da aviatore e gli occhiali li lascia sul sedile.

E’ un armadio: i due carabinieri, quando lo vedono scendere, sono quasi spaventati. Tiene le mani sulla testa.

“Che cazzo volete?!” urla.

“Giù anche l’altro!” rispondono i carabinieri “Lei si stenda a terra, e continui a tenere le mani sulla testa!”

“Lombrico vieni giù! Hai sentito?!”

Il motore del Cessna è ancora acceso.

Prendo il cellulare, apro Spotify e metto l’Intermezzo di Cavalleria Rusticana, a tutto volume.

“GIM! RICORDI LA FRASE DI BOTTAI?!” urlo, da dentro l’abitacolo.

Muti: “Eh?!”

I carabinieri: “SCENDA! ORA!”

Metto il casco e gli occhiali.

“FERMO O SPARIAMO!”

“LOMBRICO, VIENI GIU’!”

“Noi fummo tratti a fidare soprattutto in noi, il che vuol dire sulla nostra volontà, che ci fece ritenere illimitata la nostra potenza creatrice, più che sulla nostra coscienza, che ne avrebbe mostrati i limiti. Sdegnosi di quella formula dei padri secondo cui la politica è l’arte del possibile, operammo come se la politica e la vita fosse l’arte dell’impossibile, del meraviglioso, del miracoloso”.

Il pezzo di Mascagni, intanto, è arrivato all’apice. Faccio ripartire il Cessna.

“DOVE VAI?! LOMBRICO!” urla Muti. Ma poi, all’improvviso, comincia a ridere come un matto, rotolandosi per terra, sempre con le mani sulla testa.

“SI! SIII!!! VACCA BOIA! FALLI VEDERE!!!”

Accelero. I carabinieri sparano.

“Taaaaaatadadadadadadaaaaaaaaaaaaa!!!!!” urlo, seguendo la melodia. Mentre il Cessna prende quota, e si perde nell’azzurro lancinante dell’Argentario.

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