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La luna storta di francesco Tozzi – Fermeremo la bruttezza sul bagnasciuga!

La luna storta di francesco Tozzi - Fermeremo la bruttezza sul bagnasciuga! La luna storta di francesco Tozzi - Fermeremo la bruttezza sul bagnasciuga!

Fermeremo la bruttezza sul bagnasciuga!

Uno affonderebbe volentieri le preoccupazioni nella sabbia di un arenile di fine stagione; ma sapete com’è? C’è gente che manca di buon gusto come gli inglesi del bidet; e allora via alla sequela di immagini antiestetiche, che macchiano la bellezza selvaggia dei luoghi nostri con l’evidenza di una realtà scadente.

La bruttezza, ormai, cinge le nostre spalle simile a quei maschi viscidi e mezzi bevuti che fastidiano le ragazzine in discoteca: innocui, in fondo; ma attenti a dar loro troppa confidenza: potrebbe risultare fatale.

Oggi, alla bruttezza, si dà del tu. In nome di cosa non si sa. Ci siamo abituati alla bruttezza, come alla presenza di un ospite sgradito cui – per educazione – non possiamo dir nulla, come a qualcuno che ci passa avanti mentre siamo in fila e non abbiamo né la prontezza né la voglia di metterci lì a questionare.

“La bellezza salverà il mondo” dicono i finti intellettuali, davanti alle pizze fredde delle ore piccole, mentre ci provano con le ragazzine (sì, anche loro ci provano).

“La bruttezza lo distruggerà” rispondo io, guardando quel flaccidume umano zampettare sulla rena, incurante di tutto. Si vive ormai senza guardare più nulla, meno che mai noi stessi.

Non vogliamo più fare le cose per gli altri; facciamole per noi, allora: creiamoci un’aristocrazia tutta nostra, uno snobismo personale che ci faccia rifuggire dalle cose orrende, che ci faccia sprezzare le iniziative mediocri, pretestuose, le cosiddette “nozze coi fichi secchi” – io già odio i matrimoni, figurarsi i fichi secchi.

Alziamoci in piedi, Cristo, quando la bruttezza ci passa davanti. E, soprattutto, facciamolo per noi. Chissenefrega della vecchia che ha il turno dopo il nostro. A me, la bruttezza, non deve passare innanzi, soprattutto così, come se niente fosse.

Bisognerebbe tornare a urlare e, soprattutto a pretendere di vedere qualcosa (in una mostra, a teatro, al cinema, dove volete) che torni a farci gri-da-re.

Mollate i Poke’, i sushi, i giochi da tavolo, le carte, lo smartphone (soprattutto) e agguantate un pugno di sabbia bagnata. Appallottolatela, tiratela addosso a quel culo flaccido che osa ballarvi davanti.

“Via! Via! Cosa brutta!”

E così le occasioni facili, le idee dell’ultimo momento, le intuizioni “che vengono in mente come prima cosa”, i progetti a tavolino, la musica di sottofondo, le prudenti remissività, la moderazione, il rispetto bidimensionale e le maniere: fate un pacco di tutta questa paccottiglia e buttatela nell’immondizia.

Tornerà il solitòmino a dire le solite quattro battute da democristiano “Parlare e confrontarsi componendo i contrasti significa––”

Significa perdere tempo, risponderemo. Oggi, il Nemico vero si chiama pigrizia: quella stessa pigrizia che inflaccida i culi e i cervelli, che porta all’abitudine e toglie il prurito alle mani, ai piedi, al cervello. Al cuore.

Gireremo la testa nella direzione opposta, oppure ricacceremo il Nemico dietro le dune?

Ovviamente non c’è polemica nelle mie parole.

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