La luna storta di Francesco Tozzi – Loro, gli eroi
25 marzo 1944, ore 15.40
Intercettazione telefonica
Ingegner M. – Hai letto il comunicato circa l’incidente di via Rasella?
Voce di uomo dall’albergo Maestoso – Sì. Hanno ammazzato 320 individui; ma questi erano tutti colpevoli?
Ingegner M. – Naturalmente ci saranno moltissimi innocenti, ma la legge di guerra è quella che è.
Voce di uomo – Piuttosto avrei fatto ammazzare i veri assassini, se fossero stati individuati e scoperti, in pubblica piazza, per dare una lezione a tutti i delinquenti.
Ho ritrovato, tra i volumoni di una biblioteca, il bel libretto di Aurelio Lepre, Via Rasella – Leggenda e realtà della resistenza a Roma.
Da tempo vado raccogliendo materiale riguardante il periodo post 25 luglio 1943, che in Italia, nelle scuole, nei programmi televisivi e nelle ricorrenze, nelle iniziative culturali, viene raccontato, più o meno, sempre nella medesima maniera: male.
Male perché – e questo sarebbe un tema molto interessante da sviluppare – il racconto si ripete ormai da così tanto tempo che certe incongruenze, certi lati oscuri, quando vengono sottolineati, vengono deliberatamente ignorati o coperti; perché su quel periodo, quei fatti e quegli uomini (e quelle donne) non si può dubitare.
“Non si mette in discussione quel periodo” “Perché?” “Perché no”.
Io non sono uno storico; ma la ricerca che sto conducendo è molto simile a quella di un professionista del settore. Non solo: ho scoperto che certi volumi, pubblicati da case editrici insospettabili, pieni zeppi di informazioni fondamentali, non sono stati più ripubblicati (che fine ha fatto il bel volume di Ruggero Zangrandi? Ormai si trova solo su ebay o in alcune biblioteche).
Ho continuato a chiedermi: perché?, ho continuato la mia ricerca. E in questo anche il web, i canali di storici professionisti (e non, ma che comunque citano sempre le loro fonti) mi hanno aiutato non poco.
A ogni modo, non sono qui per raccontarvi i fatti miei. Oggi scrivo per tentare di riflettere sul tema dell’eroismo al giorno d’oggi, sulla visione che abbiamo dei fatti di ieri, e – last but not least – per cercare un fil rouge che colleghi la nostra attualità a quei fatti del passato.
Nel volumino di Lepre, a una breve introduzione dell’autore segue una serie di intercettazioni telefoniche a personaggi di vario tipo. All’epoca, la Repubblica sociale italiana, tramite l’ascolto dei (pochi) apparecchi, tentava di tastare e testare l’umore della gente.
Ovviamente, erano tutti arrabbiati: a Roma mancava l’acqua, la luce, non c’era da mangiare, erano arrivati i nazisti e, quel che è peggio, questi avevano deliberatamente ignorato lo stato di città aperta, installando nella Capitale una vera e propria base operativa. Gli ebrei del ghetto locale erano stati deportati nonostante l’esorbitante versamento d’oro richiesto dal comando tedesco poco tempo prima. Si sparava per le strade. Ogni giorno c’era un morto.
Le formazioni partigiane che operavano nella città eterna, a differenza di quanto la storia ufficiale ci dice, erano molteplici e avevano obiettivi molto diversi. A farla da padrone però, erano quelle afferenti al PCI che, con i loro GAP (Gruppi d’azione patriottica), compirono vari attentati, con lo scopo di rendere dura, durissima la permanenza dei nazifascisti in quel di Roma.
Ma la città cosa pensava di questi ragazzi? Cosa pensava delle formazioni partigiane?
Lepre non dà un quadro confortante della situazione: dalle intercettazioni si evince difatti un’insofferenza generalizzata (certo delle classi medio alte, chi poteva permettersi un telefono, all’epoca?) e anzi un plaudire continuo, più o meno evidente, alla gestione dell’ordine pubblico e alla rappresaglia tedesca che porterà poi al tragico eccidio delle Fosse Ardeatine.
Torniamo al libro.
25 marzo 1944, ore 18.25
Voce di uomo – Hai letto sui giornali la notizia del fatto dell’altro ieri?
Senatore A.F. – B. mi disse che non si trattava di un fatto molto grave: solo tre feriti. Invece… Gente di coraggio, quella. Hanno subito risposto al fuoco per quanto fossero in posizione disagiata. Sono perfino andati nelle case, dove hanno trovato due di quelli con le armi in pugno.
Voce di uomo – Questi li hanno… sul posto.
Senatore A.F. – Insomma, hanno fatto benone contro quella gente che mette la città in condizioni…
25 marzo 1944, ore 19.25
Senatore G.B. – È stato un crimine orrendo.
Voce di uomo – Mi dispiace per quei poveri ragazzi.
Senatore G.B. – La reazione è tremenda e giusta, anche se è una dura legge di guerra.
Voce di uomo – Fanno bene.
Senatore G.B. – Se mai ciò obbligherà quelli a riflettere nell’interesse dei loro consanguinei.
25 marzo 1944, ore 21.30
Carlo – Credi che siano stati veramente fucilati?
Voce di uomo – Pare di sì.
Carlo – Povera gente!
Voce di uomo – Colpa di quei pazzoidi che commettono simili attentati.
Carlo – Senza dubbio, la ritorsione è giustificata.
Voce di uomo – Sono tempi tanto difficili e questi cretini – bisogna chiamarli così – non fanno altro che aggravare la situazione; vogliono a tutti i costi che Roma diventi un campo di battaglia.
È stato detto a più riprese, anche da Herbert Kappler, il comandante delle SS che organizzò e condusse con i suoi uomini l’eccidio alle ardeatine, che non furono dati avvisi di alcuna sorta per avvertire gli attentatori del fatto che, se non si fossero presentati, sarebbero stati fucilati 330 ostaggi; ma sappiamo che 16 giorni prima, a seguito dell’uccisione di un soldato tedesco, 10 partigiani sono fucilati da un plotone della PAI (Polizia dell’Africa Italiana) a Forte Bravetta come rappresaglia per l’uccisione di un soldato tedesco a piazza dei Mirti in un attacco avvenuto il 5 marzo. Molti di loro erano stati torturati nelle segrete di via Tasso; uno di loro, Giorgiò Labò, ha subito sevizie al punto di dover essere portato a braccia dai soldati e legato per poter essere fucilato.
Le vittime: Bussi Antonio, Fioravanti Concetto, Gentile Vincenzo, Labò Giorgio, Lauffer Paul Leo, Lipartiti Francesco, Mechelli Mario, Nardi Antonio, Pasini Augusto, Rattoppatore Guido.
Mi riesce molto difficile credere a quanti sostengono: non sapevamo/non era stato detto niente/non avremmo mai potuto immaginare che…
Molto più chiaro appare il quadro per cui, il CNL (comitato di liberazione nazionale) abbia dato il via all’operazione (studiata da provetti artificieri ma condotta da un gruppo di ragazzi) sicuro del fatto che i nazisti non avrebbero mai risposto con una carneficina simile. Tra le varie formazioni partigiane, difatti, c’erano lotte intestine e, tra i GAP e gli appartenenti a Bandiera rossa (organizzazione eterogenea formata da ex granatieri, anarchici, ex comunisti in polemica con le direttive del partito), non correva buon sangue. Il 1° dicembre 1943, Bandiera rossa con un vero e proprio colpo di mano, aveva portato a termine un’operazione in cui cattura un mezzo tedesco, si sostituisce a un plotone di esecuzione e libera 11 ostaggi.
Lo sanno in pochi, ve lo racconto io. Sfortunatamente molti dei quadri di Bandiera rossa (assieme agli appartenenti al fronte militare clandestino e al partito d’azione) periranno alle fosse ardeatine.
Il resto, purtroppo, è Storia. Non sono opinioni personali, alla fine del pezzo troverete una vasta bibliografia a riguardo, sulla quale potervi sfogare. Vi prego dunque di non farlo col sottoscritto.
Non sappiamo niente di niente. Mai. Leggendo le intercettazioni pubblicate nel libro è la cosa che salta di più agli occhi. Possiamo fare ipotesi, provare a verificare le nostre opinioni, ma non basta mai.
Ciò che più conta, allora, dopo questo lungo discorso che ho tentato di fare, è riflettere sulle dinamiche passate, sul fatto che niente cambia, e che l’eroismo non sta tanto nell’atto specifico, quanto nella presa di coscienza che l’eroe, quando è tale, lo è soprattutto perché è solo, sempre.
L’atto eroico è una decisione che prendiamo contro tutto e contro tutti, contro la famosa (o famigerata) maggioranza, che è sempre silenziosa e cauta, bianca, come una balena.
Certe lotte sono incomprensibili, e devono (ripeto, devono) essere incomprensibili ai più: dalla decisione di Socrate di bere la cicuta al sacrificio di Salvo D’Acquisto non possiamo capire.
Forse non dobbiamo neanche. Ma di certo non possiamo decorarle con l’alloro del ricordo cristallizzato. Imparare. Quello sì, secondo me lo possiamo fare. Ma niente di più.
Perché chi sceglie la libertà va sempre da solo. Nella vita occorre avere o tanta pazienza o tanto coraggio; e quando la pazienza finisce chi sceglierà di avere coraggio?
Bibliografia:
Ruggero Zangrandi – 1943, dal 25 luglio all’8 settembre
Aurelio Lepre – Via Rasella. Leggenda e realtà della resistenza a Roma
Pierangelo Maurizio – Via Rasella, 80 anni di menzogne
W. Deakin – Storia della Repubblica di Salò
Roncoroni – La storia di Roma città aperta
De Felice – Mussolini l’alleato (Vol. II)