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Recensione: “Avevo dieci anni” – L’angelo della morte

Recensione: "Avevo dieci anni" - L'angelo della morte Recensione: "Avevo dieci anni" - L'angelo della morteAvevo dieci anni
di Fiona Cummins
Francesco Brioschi Editore

“Se un libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo?” ci dice Franz Kafka e “Avevo dieci anni”, di Fiona Cummins, con frequenti colpi di scena e misteri da scoprire, ha proprio questo effetto prorompente. È un romanzo da leggere tutto d’un fiato, tanto grande è la tensione che ne traspare e perciò si deve per forza arrivare alla fine, per sapere come si conclude la vicenda che ci sta tanto appassionando e che ci coinvolge emotivamente.

Il romanzo, che s’ispira a un reale fatto di cronaca, narra l’uccisione dei coniugi Carter per mano della propria figlia Sara, definita dalla stampa locale “l’angelo della morte”.
Accanto a lei ruotano altri personaggi: la sorella dodicenne Shannon e Brinley Booth, vicina di casa e amica delle due sorelle, futura giornalista. Sarà proprio quest’ultima col suo sensazionale articolo a fare luce su quel parricidio, rivelando insospettabili fatti e misfatti di ognuno dei personaggi coinvolti, aprendo quindi un vero e proprio “vaso di Pandora”. Tutto il romanzo, infatti, ruota intorno a delle bugie, che saranno svelate solo alla fine, in quanto Sara, alias Catherine, è convinta che “nessuno crede ai bugiardi, neppure quando dicono la verità”. Come spesso accade, la verità ha molte facce e l’autrice, con l’analisi approfondita delle caratteristiche psichiche dei vari personaggi, ci fa capire che dietro a ogni gesto, anche il più efferato, c’è sempre una motivazione e una spiegazione che viene dal profondo.

Un altro aspetto che colpisce molto il lettore di questo romanzo e che invita a riflettere sulle caratteristiche del mondo in cui viviamo è il ruolo dei giornalisti, preoccupati di avere l’esclusiva, con un “titolo sensazionale… una frase di apertura che convincerà i lettori a comprare il nostro giornale invece di tutti gli altri, soprattutto i tabloid rivali”. Oltre alla stampa, si punta il dito anche sui social e sugli effetti negativi che possono avere, soprattutto sui giovani.

Come ricorda l’autrice nei Ringraziamenti, “anche se non si può mai giustificare un omicidio, ci sono molti bambini che vivono in case dove subiscono umiliazioni e violenze da parte di coloro che dovrebbero dare loro più amore. I danni causati da questi atti sono incommensurabili. La nostra società ha il dovere di proteggere questi bambini”. Un monito, questo, rivolto anche a coloro che sono affamati di sensazionalismo e fanno passare in secondo piano i problemi delle persone coinvolte e quindi poco interessati a risolverli.

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