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Recensione: Centomilioni – Il bisogno di essere amati

Recensione: Centomilioni - Il bisogno di essere amati Recensione: Centomilioni - Il bisogno di essere amatiCentomilioni
di Marta Cai
edito da Einaudi

Breve, ma intenso è il romanzo “Centomilioni” di Marta Cai e già dal titolo comprendiamo che c’entri qualcosa il denaro, una specie di “file rouge” che lega Teresa e Alessandro, i protagonisti di questa storia, “la cui unica pretesa è di essere un’allucinazione della solitudine”, come avverte l’autrice nell’ultima pagina. I due non hanno niente in comune, all’infuori del loro bisogno di essere amati e di evadere da un mondo che li tiene prigionieri.

Lei, insegnante quasi cinquantenne, è innamorata di un proprio alunno e scrive sul diario “come un’adolescente”, chiamandolo “Amore mio” e spiegando che nella sua lingua “amore mio” equivale a “una foglia sotto la pioggia: lui è l’acqua e lei la foglia”. Niente di romantico è invece in Alessandro, che a un certo punto domanda a se stesso: “Cosa Voglio?..i soldi, io ho solo bisogno di soldi. E li spenderei. Subito, tanti”.

Marta Cai è molto brava nel cambiare spesso l’io narrante, costituito non solo da Teresa e Alessandro, ma da lei stessa. In veste di autrice, si rivolge frequentemente al lettore, coinvolgendolo e chiedendogli pareri sullo svolgimento dei fatti e sui due personaggi, che vengono descritti nelle pieghe più profonde del loro intimo e senza alcuna remora.
Molto interessante è anche la scelta grafica in corsivo di alcune pagine, quelle nelle quali Teresa scrive su un diario le proprie emozioni, spesso autoafflingendosi.
Contrariamente a quello che si possa pensare a prima vista, la lettura di questo libro non ci lascia l’amaro in bocca, ma ci sprona a reagire qualora ci si trovasse in situazioni analoghe, d’altronde lo scopo di uno scrittore è proprio quello di scavare dentro l’anima del lettore per tirare fuori quello che di più inespresso c’è in lui… e Marta Cai lo fa egregiamente.
Teresa e Alessandro non sono certamente due modelli da seguire e, nonostante li sentiamo vicini, ce ne discostiamo, perché capiamo che i loro tormenti sono dovuti in gran parte all’incapacità di vivere senza ribellarsi. Teresa, definita “cadavere” che “puzza di rancido”, “capra slegata”, è purtroppo il prodotto di una madre padrona, “sente la presa degli unghioni materni” e vorrebbe avere “il potere di riavvolgere i nastri e la possibilità di non essere nata, di non c’entrare nulla di nulla con nulla”. “Per Alessandro è facile farsi ben volere. È bello, si presenta sorridente”, ma anche lui ha un retroterra tragico, che lo spinge a determinati comportamenti.

La lettura del romanzo è scorrevole, con una lingua che si avvicina molto a quella parlata, ma che contempla anche termini del linguaggio colto. Queste caratteristiche lo rendono perciò straordinariamente empatico e fruibile a qualunque età.

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