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Recensione: “Fulci Talks”, una vita nel segno di “Oddio, e se fosse bravo?”

Recensione: "Fulci Talks", una vita nel segno di "Oddio, e se fosse bravo?" Recensione: "Fulci Talks", una vita nel segno di "Oddio, e se fosse bravo?"“Dario Argento è prigioniero dei suoi incubi e senza ironia”, “Totò ha rotto i rapporti con me perché pensava avessi una storia con una sua fiamma”. “I film di Franco e Ciccio saranno inevitabilmente rivalutati” (e come dargli torto?).

Queste sono solo alcune delle perle contenute nel film-documentario Fulci Talks, firmato dalla poliedrica Antonietta De Lillo e prodotto da Marechiarofilm, che a partire da domani, giovedì 3 giugno, sarà presentato con un tour nelle sale e nelle arene estive della penisola, attraverso l’innovativa formula di piccola rassegna cinematograficaFulci Talks sarà infatti accompagnato da due dei titoli più iconici e cult di Fulci, che proprio per quest’occasione verranno riproposti al cinema: I quattro della Apocalisse, uno spaghetti western dalle atmosfere un po’ deliranti e con personaggi originali, ispirato da una serie di racconti dello scrittore Francis Brett Harte e Sette note in nero, il primo reale viaggio all’interno del fantastico, in cui usando le sue doti di parapsicologa, una donna vede un delitto del quale sarebbe colpevole suo marito.

Fulci Talks è, di fatto, la versione uncut di un’intervista di circa 30 anni fa (1993), realizzata assieme a Marcello Garofalo, critico cinematografico, regista, saggista e romanziere. Il maestro Fulci è inquadrato sempre in intensi primi piani, che ne sottolineano la centralità, salvo qualche inquadratura più larga, che cattura la sua sedia a rotelle, sulla quale l’aveva costretto il diabete. La parola del regista, che esprime assoluta libertà, una mite anarchia, va in evidente e violento contrasto con questa sua condizione dell’ultima età (morirà di lì a poco, nel 1996).

La figura che emerge è quella di un sognatore, poco interessato ai soldi, che pure farà e sperpererà, quanto piuttosto alla sua idea di cinema, che prevede la continua sperimentazione e incursioni in generi diversissimi, spesso con deviazioni improvvise e disorientanti: dalle commedie ai film per ragazzi, dai gialli all’horror. Sarà anche questo uno dei motivi per cui subirà, per dirlo con le sue parole, il razzismo della critica cinematografica, in quegli anni particolarmente propensa a dividere con un taglio netto (e a prescindere) il cinema commerciale da quello d’autore. Diventerà però un punto di riferimento per un’intera generazione di registi come Quentin Tarantino, Sam Raimi, Wes Craven.

In Fulci Talks i materiali d’archivio sono relegati alla fine, durante i titoli di coda. Il film è infatti, come già detto, incentrato sul volto e sulla fisicità di Fulci, straordinario narratore di se stesso e anche di un contesto cinematografico lungo decenni nel quale ha saputo muoversi e che gli è servito per evolversi.
Attraverso le parole del regista, capace di essere sincero e tranchant quando serve, ripercorriamo gran parte della storia del cinema di casa nostra e mondiale, corredata da aneddoti e corollari che ce la rendono particolarmente gustosa.

La De Lillo ci accompagna con gentilezza e discrezione nel viaggio di (ri)scoperta di quello che, ingiustamente, viene definito semplicemente un artigiano del cinema, ma che meriterebbe ben altro blasone. Una nota di merito per la scelta della sigla, la splendida Fear and Liberation firmata da Fabio Frizzi per Paura nella città dei morti viventi.

 

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