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Recensione: “La donna che sconfigge la guerra” – Storia di un erotismo negato

Recensione: "La donna che sconfigge la guerra" - Storia di un erotismo negato Recensione: "La donna che sconfigge la guerra" - Storia di un erotismo negato“La donna che sconfigge la guerra”
Lisistrata racconta la sua storia
di Simone Beta
Carocci editore

Da Antinopoli, città fondata dall’imperatore Adriano intorno al 130 d.C., nel luogo in cui era morto il suo giovane amante Antinoo annegato nelle acque del Nilo, provengono due fogli di papiro, conservati ad Oxford con la sigla Pant. 75 e 2II. Scritti tra il V e il VI secolo riportano versi della commedia di Aristofane “Lisistrata”.
Un ritrovamento straordinario se si pensa che la Lisistrata nacque dalla fantasia dirompente di Aristofane nel lontano 411 a.C. Il teatro a quei tempi era vissuto come esperienza unica e irripetibile, niente repliche o tournèe.

Come ha fatto dunque la Lisistrata a sopravvivere? Una copia ufficiale della commedia, insieme a tutti i testi teatrali messi in scena nel teatro di Dionisio, era conservata nell’archivio di Atene.
Grazie a quella copia, giunta chissà come ad Alessandria d’Egitto, è stata possibile la sopravvivenza della particolarissima commedia che narra la storia di uno sciopero del sesso.
A raccontare le vicissitudini del testo teatrale giunto fino a noi è proprio la protagonista, Lisistrata, a cui Simone Beta dà voce tra le pagine di questo divertente e originale saggio, edito da Carocci.

Dai papiri si passa alle pergamene e da quelle ai codici (antenati dei moderni libri).
Il Codice Ravennas 429 della Biblioteca Classense di Ravenna, attribuito alla metà del X secolo, è il più antico manoscritto medievale che conserva le undici commedie di Aristofane.

Il codice è arrivato in Occidente nel 1423 grazie a Giovanni Aurispa, che salvò questo e molti altri preziosi manoscritti dall’eminente caduta di Costantinopoli, portandoli a Firenze all’umanista Niccolò de’ Niccoli.

L’immagine diffusa del capolavoro aristofanesco è quella di un comico sciopero dell’amore. Le donne ateniesi e le donne spartane, assieme alle beote e alle corinzie, si alleano fra loro e giurano di non accogliere più i mariti nel proprio letto finché Atene e Sparta non smetteranno di farsi guerra.
Ma a ben leggere nella Lisistrata di Aristofane c’è molto più di qualche marito frustrato e eccitato o di un gruppo di donne, (tra le quali ogni tanto qualcuna vacilla), decise a negarsi. La commedia, oramai leggendaria, va oltre l’atmosfera di sessualità trattenuta pronta a esplodere da un momento all’altro così come esplode la risata scatenata a ogni battuta dalla straordinaria capacità comica dell’autore. Così Aristofane mentre ci conduce per le allegre vie della satira, del sesso e del doppio senso, ci apre panorami straordinari sulla vita greca, stimolando riflessioni su temi purtroppo tragicamente attuali.

E la moderna Lisistrata di Beta, mentre ci accompagna in questo viaggio temporale, più volte infatti ci pone di fronte alla condizione della donna ateniese e con un fare lamentoso sottolinea la realtà subalterna che è costretta a vivere.

Lisistrata è stata spesso vista come un’opera di una modernità impressionante. Aristofane è sembrato porre le donne sullo stesso piano degli uomini inneggiando all’isonomia. Può sembrare una rivolta di genere, o meglio una vera e propria guerra tra i generi, animata dall’intenzione più nobile: ristabilire la quiete e la tranquillità.
L’aspetto interessante tuttavia è un altro, la concretezza di questa commedia e la sua testimonianza di una realtà antica: Lisistrata e le altre donne, ristabilita la pace tornano a rivestire il solito ruolo ai margini della politica e delle scelte.

Il personaggio narrante del saggio di Simone Beta, che sorvola i millenni mostrandoci le alterne fortune della commedia fino ai nostri giorni, pone l’accento proprio su questo aspetto.

L’indignazione dinanzi alle ingiustizie che animava la protagonista della commedia di Aristofane è la stessa che anima il suo disappunto per consuetudini che non mutano.

Tuttavia Lisistrata ha un fascino potente sull’immaginario collettivo moderno, tocca temi vitali e fa vibrare le corde più sensibili degli esseri umani. La vita, la morte, l’istinto sessuale.

Quindi anche se la cultura antica da cui è scaturita è irrimediabilmente “altra” rispetto alla nostra, sembra rispondere alle moderne esigenze di riscatto e lotta tra generi.

Di certo è immortale e sempreverde l’esortazione incastonata come pietra preziosa nelle ultime righe del saggio, che conclude e concentra tutto il satirico svolgersi della commedia:

“Godere delle gioie della vita di tutti i giorni, che è solo la pace, non la guerra a poter garantire”.

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