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Recensione: Raccontare le molestie sessuali – Navigando tra storie, vissuti, maschilismo, prese di coscienza

Recensione: Raccontare le molestie sessuali - Navigando tra storie, vissuti, maschilismo, prese di coscienza Recensione: Raccontare le molestie sessuali - Navigando tra storie, vissuti, maschilismo, prese di coscienzaRaccontare le molestie sessuali
Un’indagine empirica
Curatrice Chiara Volpato
Autrici e autori:
Chiara Volpato, Chiara Sparascio, Roberta Rosa Valtorta, Claudia Pecorella, Roberto Cornelli
Editore: Rosenberg & Sellier

Questo volume è una raccolta edita da Rosenberg & Sellier di pubblicazioni che, pur rispettando un approccio scientifico, raccontano di esperienze e vissuti umani, mantenendo intatto tutto il loro bagaglio di emozioni, timori, ansie, e, non ultima, la volontà di uscire da certe situazioni.

Nei suoi primi due capitoli il volume passa in rassegna le indagini svolte sino a quel momento sul tema della molestia, con particolare accento sulle molestie di strada e con a corredo gli studi psicosociali volti a cercare di comprendere e spiegare il fenomeno. Nel capitolo successivo è presentata l’indagine quantitativa condotta presso l’Università di Milano-Bicocca nel 2021.

Nei capitoli quarto e quinto e cuore del volume, sono presenti alcune risposte a due domande aperte dell’indagine quantitativa in cui era chiesto ai partecipanti di raccontare molestie vissute in prima o per interposta persona. Nel sesto capitolo si parla degli aspetti giuridici legati alle molestie.

Nel settimo e conclusivo capitolo si riflette su come contrastare il fenomeno alla radice.

Come ben argomentato nei primi capitoli, la caratteristica delle molestie sessuali è quella di essere invisibili e, al contempo, sotto gli occhi di tutti.

La loro invisibilità è dovuta a quella che è la percezione comune che le interpreta come scherzi, battute o complimenti e non contempla di vedere e considerare la molestia per quel che realmente è.

Per questo il volume intende fare chiarezza su questi contorni sfocati e sfumati partendo da una definizione del 1991 della Commissione delle Comunità Europee in merito a cosa sia una molestia e rimarcando la natura indesiderata della molestia rispetto al comportamento amichevole.

La frequenza delle molestie verbali è altissima; le molestie fisiche sono meno frequenti.

Le molestie, tutte, si verificano in numerosi ambienti e in modi diversi e possono interferire con le prestazioni accademiche, lavorative in generale e le aspirazioni di carriera. Contribuendo, infatti, a creare un ambiente lavorativo intimidatorio, ostile e offensivo per la dignità della persona, viene di pari grado ridotta la soddisfazione lavorativa aumentando l’assenteismo e il turn-over oltre a danneggiare la relazione tra colleghi ostacolando l’impegno di ognuno e il raggiungimento di risultati condivisi e gratificanti.

Gli stereotipi razziali/etnici e di genere sono i più attivi nel generare discriminazioni e violenze. Rimandano anche alla sopraffazione e al dominio.

Le molestie di strada, persino se considerate blande, non sono le bravate innocue che l’opinione pubblica e i mass media s’impegnano tanto, purtroppo riuscendoci, a far credere; esse sono un voler affermare e riaffermare la supremazia maschilista e non bisogna aver timore a chiamare le cose con il loro nome corretto.

Non sono atti lusinghieri, tutt’altro.

Non solo negli ultimi vent’anni la televisione ha veicolato messaggi che stereotipano le donne come passive, dipendenti dagli uomini, non persone ma oggetti e, soprattutto, oggetti sessuali; in più, – e questa è una mia aggiunta non presente nel volume – le rare volte in cui sono ritratte, di recente, come (fintamente) dominanti con uomini succubi, si tratta soltanto dell’idolatria maschile verso oggetti che il maschio dominante usa e getta, come il denaro, ad esempio.

La survey, l’indagine quantitativa presentata nel volume in merito alle molestie di strada era stata promossa dal Comitato unico di garanzia (CUG) dell’Ateneo Milano-Bicocca dietro richiesta della componente studentesca. Queste iniziative possono essere esempio per altri Atenei e per la società nel suo insieme.

Le iniziative esistono e, facendo rete, aumentandone numero e portata, e chiamando le cose con il loro nome, la presa di coscienza e il non sentirsi soli possono portare verso una società più equa volta a smantellare il maschilismo dominante teso a sopraffare le donne e gli uomini “diversi” (nel senso che non corrispondono al canone stereotipato maschilista).

Queste iniziative sono i primi grandi passi che dal “raccontare le violenze di genere” possono portare, finalmente, in un futuro – spero non troppo lontano – a combattere – magari eliminare – le violenze di genere.

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