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Recensione: “Radiograph of a Family”, quando storia e famiglia si incrociano

Recensione: "Radiograph of a Family", quando storia e famiglia si incrociano Recensione: "Radiograph of a Family", quando storia e famiglia si incrocianoUna donna si sposa, letteralmente, con la fotografia del marito. Così si apre Radiograph of a Family, il nuovo film di Firouzeh Khosrovani (in sala da ieri) e la donna in questione è sua madre, Tayi.

È proprio così che si sono sposati i genitori della regista: il padre, Hossein, stava studiando radiologia in Svizzera e, innamoratosi di Tayi, voleva cominciare una vita insieme a Ginevra. Per far sì che lei potesse lasciare l’Iran, però, i due dovevano essere sposati. Lui non poteva spostarsi, di qui la curiosa cerimonia.

È la stessa Firouzeh a raccontare gli eventi attraverso il suo punto di vista, sia per ciò che ha vissuto in prima persona che per quello che ricostruisce attraverso racconti, materiali, fotografie. Sarà proprio l’arrivo di Firouzeh a cambiare il corso della storia. Tayi, infatti, vuole crescere sua figlia a Teheran, non in Svizzera, luogo che sente estraneo e nel quale ha avuto un incidente che le ha danneggiato la schiena. Non capisce i costumi occidentali, lontani dalla sua Sharia, né come il marito si sia così bene adeguato ad essi. Sente di vivere una vita che non è la sua, ma quella che vuole Hossein: una realtà sempre meno sostenibile.

Radiograph of a Family è quindi il racconto di andate e ritorni, geografici ed emotivi. Il girone di ritorno del rapporto tra Hossein e Tayi si svolgerà in un Iran in grande trasformazione: il popolo caccerà lo Scià e sosterrà la rivoluzione dell’Ayatollah Khomeini. Tayi sarà una pasionaria della rivoluzione, abbraccerà gli amati costumi islamici e ribalterà i rapporti di forza all’interno della famiglia.

Gli occhi di Firouzeh sono inevitabilmente (e nonostante gli sforzi) parziali: si nota infatti la maggiore affinità con il padre e forse anche qualche strizzatina d’occhio verso l’Occidente. Gli occhi, dicevamo, perché questo è un film assolutamente visuale, quando non allegorico: sarà la casa di Teheran, con il suo modificarsi, a darci l’idea del tempo che passa, dei cambiamenti socio-politici quando non direttamente delle dinamiche familiari.

Il gioco di Radiograph of a Family si regge sul dualismo Hossein/Tayi, Occidente e Islam, scienza e religione, in un continuo confronto che pervade l’intero lungometraggio. La documentarista Khosrovani è anche la figlia Firouzeh, costantemente in difficoltà nel tenere l’equilibrio tra due genitori così diversi, anche anagraficamente, e che nel film cerca ancora, non sempre con successo, una sintesi così difficile da risultare impresa titanica. Lo fa da sempre e ce lo fa vedere, come nella straordinaria scena nella quale recupera i brandelli delle foto strappate dalla madre perché ritraevano quest’ultima priva del velo. Firouzeh tenterà di ricomporle, inserendo elementi di disegno al posto delle parti mancanti.

Radiograph of a Family è un film importante, nel quale privato e pubblico si intrecciano e si permeano. La voce narrante dirà: “La rivoluzione è entrata in casa nostra”. Ma è anche un film di straordinaria intensità, poiché è davvero impossibile rimanere indifferenti davanti al sontuoso gioco scenico e al racconto ipnotico, ben coadiuvato dalle immagini, compresa una radiografia finale che, attraverso la frattura dell’incidente della madre, simboleggia la frattura in atto nella famiglia. Si ha la stessa sensazione di quando, rovistando nei cassetti, tutto ciò che incontriamo ci racconta una vicenda che è dolce rivivere, perché alla fine la nostra storia, privata e collettiva, è ciò che di più profondo accompagna la nostra esistenza.

 

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