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Recensione: “Tornare a Itaca” – il senso del viaggio

Recensione: “Tornare a Itaca” - il senso del viaggio Recensione: “Tornare a Itaca” - il senso del viaggioUlisse è diventato, nel tempo, per il tramite di molti autori, una vera e propria metafora dell’uomo, con tutti i suoi pregi e i suoi vizi.

Dante Alighieri lo colloca nel girone infernale dei consiglieri fraudolenti e lo dipinge come un uomo che rinuncia alla gioia del ritorno per amore del sapere.

Pavese invece pone in risalto la natura umana e terrena di Ulisse, che rinuncia alla natura divina offertagli dalla Dea Calipso, pur di convincerlo a rimanere nell’isola presso di lei.

Saba coglie nel peregrinare di Ulisse il senso della vita.

Il piccolo saggio “Tornare a Itaca” di Maria Grazia Ciani, edito da Carocci, con competenza ed eleganza ci riconduce alle origini classiche di questo personaggio e, mediante l’analisi della narrazione delle sue gesta attraverso l’Iliade e l’Odissea, restituisce purezza e verità alla figura di Ulisse, rimaneggiata dagli autori moderni secondo la loro personale visione o secondo le concezioni delle rispettive epoche.

Il saggio è un piccolo capolavoro.

In poche pagine, scritte con uno stile elegante e impeccabile, enuncia i passaggi salienti dei versi dell’Iliade e dell’Odissea, lasciando che nel lettore emerga come da un’onda di appassionata comprensione, tutta la complessità della figura di Ulisse, il senso del suo viaggio e soprattutto del suo ritorno.

L’autrice infatti ha dedicato una vita allo studio di Omero e consente anche ai lettori, poco avvezzi allo studio dei classici epici tradizionali, di compiere un viaggio appassionato e colto per mezzo delle sue preziosissime riflessioni.

Questo piccolo volume, pur essendo agile, breve e leggero nella forma, è in realtà un volume enorme nella sostanza perché possiede una sorta di immortalità, riuscendo a vivere anche dopo la fine della lettura.

L’accuratezza del lessico e i continui rimandi al greco antico conferiscono al testo la capacità di immergere totalmente il lettore nei contenuti di questo meraviglioso viaggio nell’epica tradizionale; il lettore è spronato dolcemente a desiderare la rilettura di questi meravigliosi testi classici e ad approfondire le diverse evoluzioni della figura Ulisse attraverso autori postumi a Omero.

Scrive nel finale del volumetto la Ciani:

Il “mio” Ulisse (poiché l’Odissea, come dimostreranno i secoli a venire, è concepita in modo che ognuno possa avere un “suo” Ulisse) è colui che, inerme e solo nell’Isola di Calipso, solo e supplice nella terra dei Feaci, dopo il racconto delle avventure rivisitate in chiave rapsodica, o forse elaborate in un lungo sogno, si risveglia a Itaca e bacia la terra.

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Voglio credere ai patti di pace e pensare con Omero che Tiresia dica il vero: un breve viaggio si, per pareggiare i conti con gli dei e forse anche qualche altro viaggio per arricchire le sue sostanze, ma sotto costa, in sicurezza.

Il remo abbandonato per sempre è simbolo del rifiuto del mare aperto, i Greci lo hanno sempre temuto, quella distesa senza strade segnate (..)

E quindi per Ulisse la morte avverrà “lontano dal mare” in serena e ricca vecchiaia”.

Il figlio di Laerte e Anticlea, lo sposo di Penelope, il padre di Telmaco muore a Itaca, è sepolto a Itaca.

Questa è la verità che io ti dico” Cosi aveva profetizzato Tiresia.

E questo Ulisse così puro di Maria Grazia Ciani, che desidera ritrovare la propria terra e i propri affetti dopo un lungo viaggio, noi lo sposiamo appieno, perché ci ricorda la nostra interiorità e il viaggio difficile e necessario da compiere, a volte, per ritrovare noi stessi.

 

 

 

 

 

 

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