Le riforme scolastiche del centrosinistra negli anni Sessanta aprirono le porte dell’università a migliaia di giovani italiani, promettendo mobilità sociale e benessere. Ma quella promessa si rivelò un miraggio, scatenando una delle stagioni più turbolente della storia italiana: il Sessantotto studentesco e l’autunno caldo operaio che cambiarono per sempre il volto del Paese.
Le riforme scolastiche del centrosinistra negli anni Sessanta aprirono le porte dell’università a migliaia di giovani italiani, ma questa democratizzazione portò con sé una scoperta amara: la laurea non garantiva più automaticamente un futuro di prestigio e benessere. Questa disillusione alimentò il Sessantotto studentesco e le lotte operaie che segnarono profondamente la società italiana.
La Promessa Tradita della Mobilità Sociale
Tra il 1967 e il 1968, gli atenei italiani divennero teatro di una contestazione senza precedenti. Gli studenti occuparono numerose facoltà, organizzarono cortei e manifestazioni, spesso sfociati in violenti scontri con le forze dell’ordine. La rabbia nasceva dalla consapevolezza che la società dei consumi, pur promettendo benessere diffuso e mobilità sociale, non poteva mantenere queste aspettative per tutti, nemmeno per i più meritevoli.
Molti giovani scelsero allora di rifiutare radicalmente l’idea stessa di benessere borghese, considerandola una falsa promessa. Influenzati dall’operaismo, i movimenti studenteschi individuarono nella classe operaia il loro interlocutore naturale, dando vita a nuovi soggetti politici come Avanguardia Operaia, Potere Operaio, Lotta Continua e il gruppo del Manifesto, in netta rottura con i partiti tradizionali.
L’Autunno Caldo e la Rinascita Sindacale
Questa stagione di proteste coincise con il cosiddetto autunno caldo, un periodo di intense lotte operaie per il rinnovo dei contratti di lavoro. I sindacati tradizionali attraversarono una fase critica: contestati dalle frange più radicali e indeboliti dalla nascita di gruppi operai autonomi all’interno delle fabbriche, rischiarono di perdere la loro rappresentatività.
Paradossalmente, questa crisi favorì il riavvicinamento delle tre principali confederazioni sindacali (Cgil, Cisl e Uil). Unite, riuscirono gradualmente a riprendersi il controllo delle lotte operaie, concludendo importanti contratti nazionali che portarono aumenti salariali e conquiste fondamentali: le dieci ore retribuite di assemblea sindacale, il riconoscimento dei rappresentanti aziendali e il diritto di contestazione per i lavoratori soggetti a provvedimenti disciplinari.
Il culmine di questo processo fu raggiunto nel maggio 1970, quando il Parlamento approvò lo Statuto dei lavoratori, che sancì diritti collettivi e individuali fondamentali per il mondo del lavoro italiano.
Un’Eredità Ancora Viva
Il Sessantotto e l’autunno caldo rappresentano uno spartiacque nella storia italiana del dopoguerra. Questi movimenti non solo trasformarono le relazioni industriali e il sistema universitario, ma influenzarono profondamente la cultura politica e sociale del Paese, i cui effetti sono ancora oggi oggetto di dibattito.
Per approfondire questa pagina cruciale della storia italiana, Rai Cultura dedica una puntata della serie “L’Italia della Repubblica”, in onda mercoledì 12 novembre alle 21.10 su Rai Storia. Il programma, introdotto da Paolo Mieli, include interviste con storici come Marcello Flores e Peppino Ortoleva, oltre a testimonianze d’epoca di protagonisti come Rossana Rossanda, Bruno Trentin e Herbert Marcuse.
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