Nel 1916, sul fronte occidentale, nella cittadina di Verdun, tra l’esercito francese e quello tedesco si combatte lo scontro decisivo per le sorti finali della Prima Guerra Mondiale. Lo racconta “
’14-’18. Grande Guerra 100 anni dopo” – la serie prodotta da Rai Storia, presentata da Paolo Mieli, con la narrazione di Carlo Lucarelli e con la consulenza storica di Antonio Gibelli e Mario Isnenghi – in onda martedì 17 giugno alle 22.10 su Rai Storia.
Il 1916 nasce all’insegna delle illusioni di una vittoria decisiva e della fine del conflitto. La “guerra totale” è diventata realtà e il campo di battaglia di Verdun per dieci mesi sarà un buco nero che divorerà soldati, armi, trincee e animali, un vero e proprio inferno. Proprio a Verdun, più che altrove, va in scena l’apocalisse della guerra nuova: 4 milioni di soldati coinvolti, oltre 700 mila morti.
Questa battaglia divenne una leggenda nazionale in Francia, sinonimo di forza, eroismo e sofferenza, i cui effetti e ricordi perdurano ancora oggi; la battaglia coinvolse quasi i tre quarti delle armate francesi, e benché nella storia, e nella stessa prima guerra mondiale, ci siano state battaglie anche più cruente, Verdun detiene probabilmente il non invidiabile primato di campo di battaglia con la maggior densità di morti per metro quadro. Il fatto d’armi che più si avvicina a Verdun fu la battaglia di Stalingrado nella seconda guerra mondiale, spesso considerata una «Verdun russa», ma mentre a Stalingrado l’esercito tedesco tentò la conquista di una città strategicamente importante, a Verdun lo scopo dell’offensiva di Falkenhayn fu quello di “dissanguare goccia a goccia” l’esercito francese. Nei piani del capo di stato maggiore generale tedesco, l’importanza morale e propagandistica di un attacco a Verdun avrebbe fatto in modo che tutto lo sforzo francese si riversasse nella difesa di un caposaldo ritenuto di primaria importanza per la Francia.
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