Alla fine della Seconda guerra mondiale, le italiane – in particolar modo quelle che hanno lottato nella resistenza – chiedono di poter partecipare attivamente alla rinascita politica della nazione. Nelle prime elezioni libere dopo il ventennio fascista, le donne ottengono il diritto di voto, sia attivo che passivo. Il 2 giugno del 1946, 21 donne vengono elette nell’Assemblea costituente e, tra loro, quattro deputate entrano a far parte alla Commissione dei 75, incaricata di redigere la nuova costituzione. Una pagina di storia ripercorsa da Paolo Mieli e dalla professoressa Patrizia Gabrielli a “
Passato e Presente” in onda domenica 1° giugno alle 20.30 su Rai Storia. Nella Carta firmata nel dicembre del 1947 viene sancito il principio di uguaglianza tra i sessi. Un traguardo importante ma non decisivo, che rappresenta solo la prima tappa di un lungo percorso verso il riconoscimento di una sostanziale parità, tanto nelle istituzioni quanto in famiglia e nel lavoro.
Il 1° febbraio 1945, a guerra ancora in corso, viene adottata la prima norma che estende il diritto di voto alle donne: si tratta di un primo passo che riconosce alle italiane il “diritto di eleggere”. Al conseguimento di questo storico risultato concorre la coralità dell’impegno delle donne italiane nelle città occupate e devastate dalla guerra, nei campi di prigionia e negli insediamenti produttivi ed il ruolo da loro svolto nella Resistenza. L’ulteriore passo verso la conquista del “diritto ad essere elette” verrà riconosciuto dal decreto del gennaio del 1946 in vista delle elezioni amministrative che si tengono nella primavera e poi nell’autunno dello stesso anno. Per quanto riguarda invece le elezioni per l’Assemblea costituente, un decreto del marzo 1946 completa e integra la normativa precedente riconoscendo l’elettorato passivo a 25 anni. E’ un primo segnale importante, ma ciononostante, i partiti nell’imminente consultazione elettorale politica per la Costituente presentano ancora un numero abbastanza limitato di candidature femminili.
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