Ospite Benedetta Rinaldi

Negli ultimi anni l’aspettativa di vita è cresciuta in modo significativo: nel 1971 si stimava una sopravvivenza media di 67,8 anni per gli uomini e 75,3 per le donne, numeri oggi drasticamente aumentati, fino a raggiungere gli 81,3 anni per gli uomini e gli 87,2 per le donne. Questo è dovuto al progresso scientifico in ambito medico, diagnostico, farmacologico e biotecnologico. Ma vivere più a lungo non è sinonimo di vivere meglio.
Infatti, l’avanzare dell’età si correla con un vertiginoso aumento dell’incidenza di patologie croniche come l’aterosclerosi, il diabete mellito di tipo 2, la sindrome metabolica, le neoplasie, le malattie degenerative del sistema nervoso centrale e del metabolismo osseo. Tutto ciò rappresenta un limite alla qualità della vita per la parte più longeva della popolazione, oltre che un gravoso impegno per la salute pubblica.
Come ampiamente dimostrato dalla letteratura, nello sviluppo della maggior parte delle complicanze legate all’età avanzata giocano un ruolo fondamentale meccanismi metabolici come l’obesità centrale (ovvero caratterizzata da un eccesso di grasso a livello addominale), la resistenza insulinica, lo stress ossidativo e la deregolazione del sistema immunitario, fattori che promuovono uno stato infiammatorio generalizzato dell’organismo. In particolare, per quanto riguarda la sindrome metabolica è stato coniato il termine di “stato meta-infiammatorio”, che fa riferimento a un insieme di processi biochimici e cellulari, incrementati dall’iperalimentazione e da molecole pro-infiammatorie chiamate citochine, che sostengono e promuovono l’infiammazione generalizzata. Negli ultimi anni la scienza ha fatto luce anche su alcuni dei meccanismi biologici alla base dell’invecchiamento. Raiplay.
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