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Recensione: “Mio zio Napoleone” – Paradossi e morale

Recensione: "Mio zio Napoleone" - Paradossi e morale Recensione: "Mio zio Napoleone" - Paradossi e moraleUno scrigno rosso cardinale che contiene un gioiello di rara fattura.
Così appare con la sua copertina accattivante il romanzo di Iraq Pezeshkzad, edito da Francesco Brioschi e tradotto da Anna Vanzan, Mio zio Napoleone.

Ambientato in Iran, il libro ha come protagonista un giovane ragazzo, nipote di un ex militare, che vanta, anzi millanta di aver contribuito a sconfiggere l’esercito inglese, assimilando le proprie gesta all’imperatore Napoleone e schernito per questo motivo dai familiari che gli attribuiscono proprio l’appellativo di Zio Napoleone.

Il giovane si innamora di sua cugina Leili, figlia dell’arcigno zio e già promessa a un altro uomo.
Tra lo zio e suo padre però non corrono buoni rapporti e questo inficia le sue possibilità di coronare il suo sentimento nei confronti della cugina.
Lo zio Napoleone del resto è una sorta di patriarca dispotico e prepotente nei confronti di tutti i membri della famiglia.

La sua ira funesta è spesso stemperata dal suo fedele e rocambolesco servitore Mash Qasem che ingarbuglierà ancor di più situazioni imbarazzanti e tragicomiche che si verranno a creare tra il suo padrone e vari personaggi che si affacceranno via via nel romanzo e lo coloriranno con vendette, rancori, colpi di scena, partenze e ritorni.
Mio zio Napoleone è un gioiello perché racchiude come uno scrigno il racconto di uno spaccato di società che si estende in modo straordinario a rispecchiare le consuetudini, i valori e i costumi di una intera nazione.
La scrittura pungente, le battute incalzanti e una grande ironia raccontano con leggerezza una questione di contro fondamentale e seria: quella che riguarda i rapporti complicati degli abitanti dell’Iran con l’Occidente.

Majun è l’occhio estraneo a ogni pregiudizio di sorta, giovane e innocente che, aprendosi a un amore impossibile e quindi entrando nella sua fase adulta, impara a conoscere la vita ma anche la cultura del suo popolo, le sue convenzioni, le contraddizioni politiche, i valori morali.
Majun diventa quindi il testimone dei paradossi e di certi atteggiamenti morali che nei personaggi sono caricati in modo grottesco e satirico e che li descrivono in modo solo apparentemente leggero, proprio grazie a questo espediente.

L’autore del romanzo e la sua penna mi son parsi familiari e somiglianti ad alcuni tra gli autori di famose commedie italiane: Scarpetta e certi atteggiamenti macchiettistici napoletani in particolare, ma anche Goldoni e le maschere famose della commedia d’arte veneziana.

Del resto ogni popolo ha una narrazione storica precisa, ma le debolezze umane, i vizi e le virtù dei singoli individui che costituiscono quel popolo, sono assolutamente universali.

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