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Recensione: “Notturno Cileno” – Confessioni al “giovane invecchiato”

Recensione: “Notturno Cileno” - Confessioni al “giovane invecchiato” Recensione: “Notturno Cileno” - Confessioni al “giovane invecchiato”“Che spavento. Il mio gomito trema. Trema il letto. Tremano le lenzuola e le coperte. Dov’è il giovane invecchiato? Non lo fa ridere sentire le storie delle mie figuracce? Non ride a crepapelle dei miei spropositi, dei miei errori veniali e mortali? […] Che faccia un pò quello che vuole. Lo dissi: abbiamo tutti dei difetti, ma bisogna guardare ai pregi.”

Questo è: “Notturno Cileno” di Roberto Bolaño (tradotto da Ilide Carmignani per Adelphi Edizioni), nato a Santiago del Cile nel 1953 e morto a Barcellona nel 2003.

Sebastian Urrutia Lacroix, prete ormai anziano e malato, ultimo rimasto in vita tra i suoi amici letterati, come Farewell e Neruda, si confessa al giovane invecchiato ripercorrendo tutti i punti salienti della sua esistenza e lo fa tutto d’un fiato. Proprio per questo spesso torna indietro e si corregge, perché la sua memoria è ormai offuscata dal peso degli anni e non è più sicuro che una cosa sia andata o sia stata detta come la ricorda in prima battuta e allora propone un’altra opzione.

Ciò rende la lettura non proprio fluida, non è possibile per il lettore permettersi distrazioni, è necessario mantenere alta l’attenzione come quando si ascoltano i ricordi di una persona anziana in carne ed ossa.

Sebastian vive la sua vita mettendo la conoscenza (in tutte le sue forme) al primo posto e questo gli apre le porte dei migliori “salotti” dell’epoca permettendogli di conoscere i molteplici personaggi più o meno illustri che hanno fatto la storia del Cile.

Il suo “adeguarsi” ai continui cambiamenti fa sì che in prossimità della sua fine egli senta il bisogno di raccontare tutto, quasi per giustificarsi di quella scelta piuttosto che dell’altra o del non aver fatto alcuna scelta, sperando in una assoluzione finale.
Ma il giovane invecchiato sarà in grado di assolverlo?

“E allora, nella penombra della mia malattia, vedo il suo volto feroce, il suo dolce volto e mi domando: sono io il giovane invecchiato? E’ questo il vero, grande terrore, essere io il giovane invecchiato che grida senza che nessuno lo ascolti? E se il povero giovane invecchiato fossi io? E allora passano a una velocità vertiginosa i volti che ho ammirato, i volti che ho amato, odiato, invidiato, disprezzato. I volti che ho protetto, quelli che ho attaccato, i volti da cui mi sono difeso, quelli che ho cercato invano.
E poi si scatena la tempesta di merda.”

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