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Recensione: “Taji, una donna ribelle” – la solitudine delle donne forti

Recensione: "Taji, una donna ribelle" - la solitudine delle donne forti Recensione: "Taji, una donna ribelle" - la solitudine delle donne fortiTaji, una donna ribelle
di Inaam Kachachi
tradotto da Elisabetta Bartuli
Brioschi Editore

Non è un romanzo convenzionale Taji, una donna ribelle, di Inaam Kachachi perché racconta di una protagonista che ha nel suo stesso nome un presagio.
Il nome Taji al_Mulik si traduce in italiano “Corona dei re” e la bellissima e seduttiva protagonista brillerà costantemente della luce riflessa di numerosi capi di stato.
Il romanzo ha inizio in un ospedale di Parigi in cui ‘anziana Taji scopre di essere ricoverata nella stanza accanto a quella di Ahmed Ben Bella, rivoluzionario ed ex presidente argentino, al cui tentativo di omicidio ha partecipato in una fase della sua vita.

Questo sblocca nella donna uno tsunami di ricordi che partono dall’infanzia in Iraq e procedono nel corso degli anni e sono correlati a tutte le numerose identità acquisite nei differenti paesi in cui ha vissuto e ai molteplici uomini a cui non si è proprio affiancata, ma che in qualche modo ha sedotto.
Taji è stata giornalista, conduttrice radiofonica, spia e infine sposa con una identità in incognito a Parigi.
Testimone di questi ricordi e del racconto di essi è Widyan, compatriota in fuga e donna traumatizzata per violenze subite dal regime di Saddam Hussein.

Le vite delle due donne raccontate in parallelo ci consentono di ripercorrere la complessità di quasi mezzo secolo di storia del Medio Oriente e riflettere sulla condizione di donne che per costumi e stile di vita sono considerate reiette nei paesi di provenienza.
Interessante è l’assenza dell’amore nella vita delle due protagoniste, che seppure apparentemente divergenti per età ed esperienze hanno alla fine dei conti preso nella loro vita le distanze da una relazione profonda che autenticasse in qualche modo la loro identità, che si rivela però solo nel loro ambiguo rapporto.
Ognuna di loro ha una personalità camaleontica, che ha aderito totalmente alle circostanze in cui dover sopravvivere.
Ognuna di loro ha incubi e sogni solitari che sono il cuore di un’identità mai svelata.
Taji è una donna estroversa, WIdyan non lo è, ma in realtà entrambe sono profondamente sole nell’incapacità di creare legami autentici e profondi.

Mi sono chiesta per tutto il corso della lettura, in cosa consistesse la ribellione proclamata nel titolo.
Probabilmente essa si palesa solo nell’incapacità di queste due protagoniste di adeguarsi agli stereotipi di un certo tipo di cultura che vuole una donna solo sposa e madre, ma che nello sfuggire agli stessi, faticano a trovare una propria collocazione reale e sono costrette a rimanere in qualche modo raminghe, sole e prive di un’identità certa.

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