Stasera in tv grande appuntamento con “Monica”
Un viaggio dentro il dolore

Con Monica (dichiarato secondo capitolo di una trilogia), Andrea Pallaoro torna in concorso a Venezia cinque anni da Hannah (valso a Charlotte Rampling la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile), con un altro film tagliato e cucito tutto intorno alla sua protagonista di cui – anche questa volta – porta il nome. Il regista continua dunque il suo lavoro restando fedele – molto – alla sua idea di cinema in cui, prima di tutto, viene la ferma volontà di affermare la propria autorialità. L’impostazione formale precisa, rigorosa diventa dunque non solo funzionale al racconto ma dichiarazione di intenti, simbolo programmatico di un modo di guardare al cinema e al mondo. L’affermazione di personalità autoriale comincia qui da un formato 1.2:1 che chiude fin dalla prima inquadratura la bellissima Monica dentro l’ immagine quasi isolandola da ciò che ha intorno. La storia si svolge negli Stati Uniti, prima in California, dove Monica vive sola, affranta da un amore finito di cui non si sa nulla, e poi nel Midwest, dove si sposterà chiamata dalla cognata al capezzale della madre. Ma di quel mondo fuori non vediamo quasi nulla, come se non contasse in fondo veramente. È invece la statuaria bellezza di Monica, pervasiva e incombente, a dominare su tutto, tanto che il suo corpo imponente riempie ogni inquadratura, il suo viso, i suoi capelli rossi, la sua schiena, le sue mani.