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IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO – Correva l’anno, il mese, il giorno… 6 gennaio 1973

IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO - Correva l’anno, il mese, il giorno… 6 gennaio 1973 IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO - Correva l’anno, il mese, il giorno… 6 gennaio 1973

Correva l’anno, il mese, il giorno… 6 gennaio 1973

È il giorno dell’epifania del 1973.

Un operaio guadagna 120mila lire al mese, un caffè al bar costa cento lire, un chilo di pane duecentottanta. L’inflazione viaggia alla cifra record del 10%, gli anni felici del boom economico sembrano lontani anni luce, la recessione (che finalmente i politici chiamano con il suo nome e non più “congiuntura”) ha fatto emergere in maniera drammatica le tensioni sociali. Dopo piazza Fontana, l’escalation di tensione e violenza pare inarrestabile, con l’omicidio Calabresi, sei mesi prima, a fare da spartiacque per l’ennesimo innalzamento del livello dello scontro. Nel bilancio di fine ’72, la politica – in particolare nelle persone di Giulio Andreotti, Presidente del Consiglio per la seconda volta, a guida di un governo di coalizione tra Democrazia Cristiana, Partito Liberale e Partito Socialdemocratico, e del Presidente della Repubblica Giovanni Leone – ha promesso di riportare l’inflazione sotto i livelli di guardia e di dare un decisivo giro di vite al terrorismo.

Sarà un disastro. A fine 1973 l’inflazione sarà più che raddoppiata e le sigle eversive triplicate. I drammatici eventi internazionali che incorniciano l’inizio dell’anno – lo scandalo Watergate nell’estate del ’72, il golpe di Pinochet nel settembre del ’73 – portano ulteriore sfiducia e insicurezza.

In quel 6 gennaio 1973 si chiudono vacanze di Natale tutt’altro che opulente e sfarzose. Forse anche per questo al cinema vanno per la maggiore film tutt’altro che natalizi, Il Padrino di Francis Ford Coppola, Ultimo tango a Parigi di Bertolucci (la cui celeberrima scena del burro tra Marlon Brando e Maria Schneider è argomento di discussione pressoché ovunque, dalla cassa del supermercato alla fermata del tram) e l’ancora più erotico – ma destinato a un immediato oblio – Baba Yaga, stravagante horror in salsa piccante scritto da Guido Crepax e diretto da Corrado Farina. Per una serata in famiglia, visto che il cinema offre poco in questo senso, si preferisce riunirsi davanti alla TV, dove nel Primo Canale spopolano il cartone Goober e il cacciatore di fantasmi e la leggendaria e fortunatissima serie TV La famiglia Addams.

In quest’Italia di colpo cupa, sfiduciata, impaurita, di nuovo povera e d’improvviso violentissima, dove il divario tra il “palazzo” e il paese reale comincia a farsi incolmabile (e con conseguenze, nell’immediato, molto più che tragiche), i jukebox continuano a suonare, ma di quel clima di festa ciarliero e travolgente del decennio precedente non c’è più traccia. Musica e divertimento semplice e puro, non sembrano più non solo sinonimi, ma nemmeno parenti. Non a caso le grandi feste della musica in tv, simbolo degli anni Sessanta, cedono il passo: Canzonissima, in sordina e ristrettezze, si appresta a chiudere i battenti, e anche il Festival di Sanremo, disertato da tutte le maggiori case discografiche, arriva a un passo dal congedo definitivo.

IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO - Correva l’anno, il mese, il giorno… 6 gennaio 1973 IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO - Correva l’anno, il mese, il giorno… 6 gennaio 1973IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO - Correva l’anno, il mese, il giorno… 6 gennaio 1973 IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO - Correva l’anno, il mese, il giorno… 6 gennaio 1973In quel 6 gennaio 1973, inizio del primo anno in tutto e per tutto targato anni 70, al primo posto staziona stabilmente un brano a dir poco leggendario: Questo piccolo grande amore di Claudio Baglioni (https://www.youtube.com/watch?v=aiM_s07SXhY), vale a dire – secondo le statistiche, affidabilissime, elaborate da Hit Parade Italia – il 45 giri più venduto della storia della discografia italiana, nonché la canzone premiata come “Brano del secolo” al Festival di Sanremo del 1985.

Tuttavia, importanza e successo a parte, la canzone sembra anni luce lontana dallo scenario sociale e politico appena dipinto, quasi un oggetto misterioso proveniente da un altro pianeta. Ma è così solo in apparenza. A ben guardare, o meglio a ben ascoltare, il celebre brano che racconta un amore non solo perduto e ormai lontano, ma che nel momento in cui veniva vissuto il protagonista non ne ha saputo cogliere l’importanza (“Ed io, io non ho mai capito niente/ visto che oramai non me lo levo dalla mente”), è la metafora perfetta di un mondo che era felice e non lo sapeva, che quella felicità non ha saputo né coglierla né metterla a frutto, e adesso si trova a fare i conti con un presente grigio e pieno di rimpianti.

IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO - Correva l’anno, il mese, il giorno… 6 gennaio 1973 IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO - Correva l’anno, il mese, il giorno… 6 gennaio 1973IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO - Correva l’anno, il mese, il giorno… 6 gennaio 1973 IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO - Correva l’anno, il mese, il giorno… 6 gennaio 1973Ancora più iconico e rappresentativo è la canzone che si trova in seconda posizione, la splendida Il mio canto libero (https://www.youtube.com/watch?v=sNYuwmQCn-s) di Lucio Battisti, primo singolo estratto dal monumentale album omonimo. Il testo di Mogol, sin dai brevissimi versi del celebre incipit, “In un mondo che/ Non ci vuole più/ Il mio canto libero/ Sei tu”, sembra alludere proprio a un’epoca disperata e claustrofobica (ancora più evidente nella seconda strofa: “In un mondo che/ Prigioniero è/ Respiriamo liberi/ Io e te”), dove l’amore è l’unica forza salvifica, capace di riscattare e rigenerare. Forse, la sola che vale la pena inseguire e vivere. Se comunque il testo, pur bello e di spessore, non deraglia dall’ordinario della tradizione, è nella musica che il pezzo (e tutto l’album di cui porta il nome) raggiunge vette altissime fino a scrivere un pezzo di storia. Continuando come il testo, comunque e tuttavia, a farsi specchio della situazione di quel cupo inizio del 1973: il blues rock dipinto dal genio ineguagliabile di Battisti segna come nient’altro un passaggio di tempo epocale, il congedo definitivo dall’infanzia del rock italiano segnato dalla spensieratezza del beat e l’approdo alla complessa e tormentata età adulta, metafora perfetta, forse più del testo, del passaggio dai Sessanta ai Settanta.

Una top ten quasi irripetibile, capace di piazzare due pezzi così epocali nelle prime due posizioni, non delude nemmeno nei piazzamenti successivi. Al quarto posto troviamo lo splendido tema de Il padrino, composto dal maestro Nino Rota ed eseguito dal duo di chitarristi Santo & Johnny (https://www.youtube.com/watch?v=Gx8kF3yHNFc), che seppero imprimere al sound, grazie all’uso contemporaneo della console steel guitar e della lap steel guitar (conosciuta anche come “chitarra hawaiana”), un’atmosfera ipnotica e trascinante. Cupa e irresistibile, proprio come i tempi che la generarono.

Il cinema – e che cinema – è presente anche al nono posto con un’altra pellicola immortale: Arancia meccanica di Stanley Kubrick, che in quanto ad assorbire, rispecchiare e restituire tutta la cupezza dei tempi e la sfiducia nel futuro, non è seconda a nessuna. Il 45 giri, che arriva curiosamente in classifica un anno e mezzo dopo l’uscita del film, riguardo il tema principale, inquietante e tenebroso, scritto da Walter Carlos, uno dei musicisti “di fiducia” di Kubrick, per cui scriverà anche la (splendida) colonna sonora di Shining.

 

Ma il brano che forse meglio sintetizza, per le atmosfere su cui è costruito e che riesce a evocare, il disagio e le inquietudini del tempo, lo troviamo al quinto posto ed è l’ennesima perla presente in questa classifica. Si tratta infatti di Gioco di bimba, tra i vertici assoluti della discografia di una band grandiosa come Le Orme (https://www.youtube.com/watch?v=qLUxsy3ZHFQ). La melodia semplice, quasi disinvolta nel riprodurre nel tempo ¾ il movimento dolce di un’altalena cui si allude più volte con il reiterato “dondola dondola”, è brutalmente contrappuntata da un testo oscuro e morboso, che narra per immagini via via più disturbanti una drammatica perdita dell’infanzia da parte di una ragazza. Forse, ma in merito il dibattito è aperto da cinquant’anni e gli autori sono sempre stati molto restii a farlo terminare, si allude a uno stupro. Di certo, c’è un’infanzia e un’innocenza che se ne vanno per sempre, come nella hit di Baglioni, anche se con toni più fiabeschi e, al tempo stesso o forse proprio per questo, più violenti.

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E non c’è davvero più spazio per la speranza? Non proprio. A suggello di un affollamento così incredibile di capolavori, al decimo posto ne troviamo uno molto più che immortale, ovvero quella Happy Xmas di John Lennon e Yoko Ono, eterna colonna sonora di ogni nostro Natale (https://www.youtube.com/watch?v=flA5ndOyZbI). Scritta e pubblicata negli Stati Uniti nel 1971, in Europa il 45 giri arrivò soltanto per il Natale del 1972, riscuotendo un successo grandioso – e sacrosanto – ovunque, Italia compresa.

Segno che a quel Natale per tutti, “for black and for white/ For yellow and red ones let’s stop all the fights”, qualcuno, forse più di qualcuno, ci credeva ancora. Anche se la Summer of Love e i tempi in cui si pensava di fermare le bombe con la poesia, l’amore e la fantasia, parevano lontani anni luce.

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