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Intervista: Giovanni Amighetti, dai Pink Floyd ai concerti da 500mila spettatori con la world music

Intervista: Giovanni Amighetti, dai Pink Floyd ai concerti da 500mila spettatori con la world music Intervista: Giovanni Amighetti, dai Pink Floyd ai concerti da 500mila spettatori con la world musicGiovanni Amighetti, musicista e produttore emiliano, inizia la sua carriera all’inizio degli anni ’90 con Giulio
Capiozzo per l’etichetta Realworld. Realizza produzioni live e in studio soprattutto con artisti internazionali come Mari Boine, Ayub Ogada, Terem Quartet, Fred Frith, Jeff Coffin della Dave Matthews Band, Wu Fei, David Rhodes. Nel 1998 suona con Ayub Ogada a Roma davanti a 500.000 persone per la FAO. Compone con Guo Yue e Shan Qi il brano “Avalon” che diviene sigla per la BBC4.

Lo abbiamo incontrato per questa breve ma intensa intervista.

Raccontaci come ti sei appassionato di musica e quale è stato il tuo percorso da principiante a professionista…

Ho sempre avuto musica in casa visto che mio nonno era compositore e direttore d’orchestra. Per cui in qualche modo il linguaggio musicale e l’espressività di questi han fatto parte della mia vita da sempre.

Comunque ho iniziato a suonare pianoforte tra i quattro e cinque anni in casa, quindi studi classici. Poi al periodo del liceo classico periodo di essere contro era passato alla chitarra elettrica, quindi tornando da occidentale nell’ambito world music al piano ed ai synth. Professionista con l’esplosione della world music nei primi anni ’90 e prima le collaborazioni quindi le produzioni con gli artisti Realworld.

Tu hai fatto un’importante esperienza con Giulio Capiozzo degli Area. Quale è il tuo rapporto con la straordinaria stagione del progressive rock?

Sì con Giulio avevamo fatto concerti in duo batteria e tastiere, molto libere. Con il progressive dipende cosa si intende ovvero non so se i Pink Floyd sono ritenuti progressive… (certo che sì! NdR).

Comunque quel gruppo liceale si ispirava palesemente al modo di creare in Ummagumma dei Pink Floyd, successivamente con il progressive da tastierista il rapporto é ovviamente rimasto ottimo, è proprio il suono dei synth di quel periodo che siano Moog o ARP che mi dà una sensazione positiva in sé. Tanto che appunto anche nelle produzioni attuali porto anche live un rig di synth anni ’70 sino ad inizio ’80, tra i quali Arp Pro Soloist, Arp Omni, Prophet600, Roland jx3p, Yamaha cs15.

Musicalmente trovo positive una certa ricerca armonica e melodica ad esempio dei Genesis o sperimentazione, ad esempio il brano Providence che si trova in Red dei King Crimson.

Non ho mai sopportato invece lo show off muscolare di gruppi come Emerson, Lake & Palmer.

Sempre dal prog rock viene un altro grande personaggio per la cui etichetta lavori da tempo. Come è nata la collaborazione con la RealWorld di Peter Gabriel?

E’ nata da un incontro con Amanda Jones e dall’esigenza loro di espandere con spettacoli e promozioni la visibilità dei loro artisti nel sud Europa.

Da qui un rapporto stretto con alcuni di loro e quindi la realizzazione di produzioni con Ayub Ogada che restava a mio vedere un maestro di una musica africana tra tradizione griot e contemporaneità, Mari Boine che mi ha insegnato tanto anche nella gestione dei suoni acustici live, i fantastici Terem Quartet, Adel Salameh e quindi musiche sui quarti di tono, Guo Yue, Joji Hirota ed altri.

Come racconteresti la world music a un profano?

Come etichetta di genere può risultare anche artefatta, comunque nel nostro caso era un creare musica nuova dove ogni musicista manteneva la propria esperienza e tradizione culturale, cercando di interagire con gli altri ascoltando e quindi attraverso l’interplay.

Differenza con la musica etnica é che quest’ultima sarebbe solo un riproporre la propria tradizione. Cosa che poi come spiegava bene il maestro Daniele Durante non ha senso visto che la cosiddetta tradizione in realtà é in continua evoluzione e non é impermeabile alle influenze della contemporaneità.

Differenza con situazioni internazionali di blues o jazz é che in queste i musicisti anche quando vengono da diverse parti del mondo hanno spesso un linguaggio armonico comune al quale si rifanno, mentre nel nostro caso si parte da una completa  tabula rasa comune ed il rapporto sonoro é solo dettato dalla sensibilità personale e dalla capacità di ascolto.

Ultimamente hai dato vita a un docufilm, “Incontri sul palco” e a un festival, Ahymé, che ha come tema l’integrazione. Quanto pensi che la musica possa incidere sulla cultura della solidarietà e della fratellanza?

Potenzialmente tanto, visto che la musica soprattutto quando non è incanalata in generi predefiniti “costringe” all’ascolto del prossimo ed a superare supposte barriere culturali, sociali o religiose.

In pratica in Italia, purtroppo, c’è una miopia politica gigantesca che ad esempio limita la musica, di fatto, alla sola scuola media nel sistema scolastico o nell’immaginario nazionale a situazioni molto specifiche da un tanto al chilo tipo festival di Sanremo.

Quindi in sostanza incide, ma se la cultura musicale fosse meglio diffusa inciderebbe molto di più.

Come hai vissuto il periodo di stop forzato per il Covid e come vedi il prossimo futuro?

L’ho vissuto concentrandomi soprattutto su produzioni in studio e recuperando materiale d’archivio.

Uscirà tra l’altro a Settembre la musica di Shan Qi, con Guo Yue, Helge Norbakken, Wu Fei, Guido Ponzini e Fred Frith, che non era mai uscita in formato solo audio, era disponibile solo il dvd.

Però anche tramite Ahymé Festival abbiamo cercato di mantenere quando possibile incontri creativi tra i musicisti, come nel docufilm “Incontri sul palco” di Luca Fabbri al quale ho partecipato accanto a Daniele Durante, Franco Mussida, Moreno Conficconi etc. ed é stato un buon momento vitale pur nel periodo piuttosto oscuro.

Nel prossimo futuro il green pass dovrebbe riuscire a dare almeno una certezza di programmazione, ad esempio riusciremo a realizzare Ahymé Festival 2021 anche al chiuso pur in condizioni ancora di forte limitazione.

In realtà lo spettacolo dalla nostra parte sarebbe sempre stato gestibile in sicurezza, si é voluto chiudere probabilmente per limitare al minimo gli spostamenti serali e notturni.

Stiamo rinviando i tour internazionali da ormai due anni, la speranza è che possano riprendere a Giugno 2022.

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