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La luna storta di Francesco Tozzi – Belli senz’anima

La luna storta di Francesco Tozzi - Belli senz'anima La luna storta di Francesco Tozzi - Belli senz'anima

Belli senz’anima

Oggi, “impegnarsi” (in letteratura) è il modo migliore per disimpegnarsi.

Ben venga, quindi, la letteratura di genere che, non a caso, raccoglie consensi a destra e a manca, perché parla di cose che davvero non conosciamo e su cui, deo gratia, non riusciamo a “dire la nostra” con la consueta disinvoltura (o faccia tosta). La vera arte ci fa anzitutto il favore di tacitare il chiacchiericcio.

Tra le righe, tra le descrizioni di descrizioni di molte letteratura “impegnata”, invece, mi pare che la tendenza sia quella di catechizzare al disimpegno filosofico (o impegnato, che dir si voglia).

Il sottoscritto, ovviamente, lo ritiene un procedimento subdolo.

Ora vi spiegherà perché.

La nostra vita è certamente legata a doppio filo, in questa epoca così Borghese, ai nostri svaghi, ai divertimenti, alle passioni, agli hobbys, alle cose, insomma, che facciamo dopo il lavoro.

Lo svago è fondamentale; però, ciò che propone molta saggistica di gran moda, è una specie di perenne condizione svagata dove si invita a distaccarsi da certi noiosi doveri per sostituirli con un’intensa vita introspettiva o contemplativa.

Ora: guardarsi dentro, sempre per il sottoscritto, dovrebbe equivalere a studiare: deve servire a qualcosa, altrimenti rischia di radicalizzare la gente sulla posizione più sbagliata di tutte: “mi sento sereno, perciò ho ragione“.

Tattica subdola, dicevo. Sì, perché proporre l’introspezione ad oltranza una comunità come la nostra, che non fa altro che chiudersi, su sé stessa o sui propri smartphone, non credo costituisca una proposta degna di questo nome.

La letteratura, o l’arte in generale, non può, non deve prefiggersi scopi come la salvazione o la cura dello Stato psicofisico dei propri utenti; se riesce in questo intento meglio, ma tutto avviene per puro caso.

L’arte risponde essenzialmente alla domanda io chi sono?

È l’autore Philip K. Dick che diceva Io sono vivo, voi siete morti; i suoi personaggi, al contrario, si limitano a rispondere (indirettamente, è chiaro) alla domandona di cui sopra convivendo con gli altri e con la realtà – normalmente distopica – che li circonda.

il male oscuro (per dirla con Berto) della nostra società, non sarà per caso rinchiuso nell’immagine rassicurante di un massaggio?

“Abbiamo la sensazione di essere sempre Circondati dalla nostra anima ma non come da una prigione in immobile piuttosto siamo con lei trascinati in un perpetuo slancio per sorpassarla’

[Goethe – Le affinità elettive]

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