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Recensione: “Killer High” – Sostanza psicoattiva e conflitto armato

Recensione: "Killer High" - Sostanza psicoattiva e conflitto armato Recensione: "Killer High" - Sostanza psicoattiva e conflitto armatoGuerra e droga sono due mondi che si supportano e per poter comprendere l’uno si deve necessariamente capire l’altro, e viceversa. Con il suo nuovo lavoro “Killer High. Storia della guerra in sei droghe” edito da Meltemi, Peter Andreas indaga quello che è stato il ruolo delle sostanze psicoattive nei conflitti armati fin dalle epoche più antiche.

Nel libro, l’autore affronta il rapporto della droga con la guerra sotto vari aspetti: partendo dagli enormi ricavi del narcotraffico che sono stati investiti per iniziare conflitti, agli apparati polizieschi antidroga diventati sempre più militarizzati, per passare attraverso le contese dei mercati della droga, facendo nascere così scontri sempre più cruenti che coinvolgono comunità urbane oppure acquistano carattere internazionale.

La Storia umana viene così guardata da un punto di vista diverso, e sostanze come metanfetamine, alcol, cocaina, oppio e anche caffeina non diventavano strumento per aumentare la ferocia dei soldati e dei loro attacchi durante la guerra, e il sistema per placarne i traumi dopo, anche se questo fa parte di ciò che già conosciamo. Il libro ci porta indietro nel tempo, alla colonizzazione degli spagnoli nel ‘500 che capirono come l’abitudine delle civiltà precolombiane di masticare foglie di coca, sarebbe stata utile per sfruttare il lavoro nelle miniere, decimando così la popolazione.
Ci fa rivivere le Drugs War americane e la propaganda che li vedeva impegnati nella battaglia contro il male, oppure l’aggressività della Wermacht amplificata dall’ampio uso di metanfetamine durante l’invasione della Polonia, metanfetamine usate non certo per ottenere uno stato di confusione psichedelico, quanto per restare svegli ed essere incattiviti esaltando l’ideologia della forza.

Anche l’alcool, come la caffeina e l’oppio avevano, e hanno, un ruolo di rilievo tra le sostanze che hanno alimentato lotte sempre più feroci che hanno visto emergere anche nuove figure criminali. Un esempio è il Proibizionismo americano, dove il contrabbando e l’illegalità dettero spazio a figure ed episodi di estrema crudeltà che ancora vengono ricordati. Era quella stessa nazione che durante la sua espansione aveva usato litri di rum e whisky tra i nativi americani per indebolirne l’attenzione e la capacità di resistenza.
Sul fronte opposto, quello russo, sembra che il provvedimento adottato da Nicola II nell’agosto del 1914 per proibire la vendita di alcolici fosse una tra le ragioni della caduta degli zar. Mentre gli inglesi trasformarono la guerra dell’oppio in una guerra per l’oppio, in modo da venderne quantità industriali da immettere nel mercato per ammorbidire l’opposizione cinese.
Il lavoro di Andreas sottolinea, quindi, come nel tempo, sostanza psicoattiva e conflitto armato e giochi di potere siano sempre coesistiti come facce della stessa medaglia, cresciuti insieme e come spesso non si possa leggere uno senza sapere il ruolo e lo sviluppo dell’altro.

Un testo ricco non solo di elementi storici, ma anche di aneddoti che i libri di scuola non riportano e che rendono più comprensibili determinati eventi. La droga vista nelle sue molteplici e feroci declinazioni pratiche e non più come simbolo di generazioni ribelli in cerca di una via di fuga e di un urlo contro i rappresentati di un passato morto, né come fonte di visioni artistiche.

Il tutto scritto con uno stile impeccabile, senza sbavature, che non annoia mai e ti tiene attaccato a ogni parola fino all’ultima pagina.

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