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13 novembre 2021: 60 anni dal primo computer scientifico italiano. A Pisa il convegno con l’archeologo dell’informatica Maurizio Gazzarri

13 novembre 2021: 60 anni dal primo computer scientifico italiano. A Pisa il convegno con l'archeologo dell'informatica Maurizio Gazzarri 13 novembre 2021: 60 anni dal primo computer scientifico italiano. A Pisa il convegno con l'archeologo dell'informatica Maurizio Gazzarri La realizzazione dei primi computer italiani: l’iniziativa dell’Università di Pisa, Adriano Olivetti, l’ingegnere Mario Tchou e i giovani scienziati che hanno investito sul futuro. Cosa si nasconde dietro alla sfida avveniristica che nella seconda metà del ventesimo secolo portò alla realizzazione della CEP (Calcolatrice Elettronica Pisana), primo computer italiano a scopo scientifico realizzato nel 1961, e dell’ELEA 9003, primo “cervello elettronico” a transistor messo in commercio dalla Olivetti a partire dal 1959? Ci sono storie di impegno, umanità e coesione che – spiega Maurizio Gazzarri, archeologo informatico e autore del romanzo ‘I ragazzi che scalarono il futuro’ e del saggio storico ‘ELEA 9003. Storia del primo calcolatore elettronico italiano’ – oggi possono darci le risposte per la ripartenza e per la formazione di una nuova generazione di scienziati”.

Toscano, laurea in Informatica e master in Big Data Analytics and Social Mining, Gazzarri sta percorrendo un sentiero ancora poco esplorato: la storia dell’informatica italiana. È del 2018 il romanzo I ragazzi che scalarono il futuro (Edizioni ETS), ambientato nella seconda metà degli anni Cinquanta, Premio Biella Letteratura e Industria 2019 (sezione della Giuria dei Lettori), in cui Gazzarri scrive della nascita dei primi computer italiani, la CEP (Calcolatrice Elettronica Pisana) dell’Università di Pisa e l’ELEA 9003 di Olivetti.

Nel 2021 esce il saggio storico ELEA 9003. Storia del primo calcolatore elettronico italiano (Edizioni di Comunità), l’unica pubblicazione sulla genesi del computer della Olivetti, che narra di come l’azienda, guidata da Adriano, a partire dal 1949, pensò alla realizzazione di un elaboratore da mettere in commercio, l’ELEA, e di come ci riuscì dieci anni più tardi con il modello 9003. Alle ricerche d’archivio e alla raccolta di testimonianze dirette, già svolte per la redazione del romanzo del 2018, si aggiungono nuove fonti e materiali inediti. Una storia non solo a carattere scientifico e tecnologico, ma anche altamente umana, nella quale i protagonisti, oltre ad Adriano Olivetti, sono un drappello di giovani fisici e ingegneri coordinati da Mario Tchou, un trentenne italocinese con spiccate qualità tecniche e manageriali. Emblematica, in questo senso, una delle frasi dette da Tchou in una intervista del 1959: “Le cose nuove si fanno solo con i giovani”.

Le fonti storiche sono sempre in primo piano nei volumi di Gazzarri. Da studioso e divulgatore, lo scrittore ha attinto da materiali dell’Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea e di quelli dell’Università e della Provincia di Pisa, ma anche da documenti inediti e testimonianze dirette di chi ha vissuto quell’epoca dell’alba dell’informatica italiana. La ricerca va oltre i numeri e le strumentazioni d’avanguardia degli anni ’50-‘60 del ‘900, per entrare nelle storie degli uomini e delle donne che furono protagonisti di quella grande epoca italiana. “Tre anni fa – racconta l’autore – quando ho pubblicato il mio primo romanzo con ETS, avevo accumulato molto materiale e ho iniziato a pensare a un saggio storico, una ricostruzione più puntuale delle vicende, ma con un taglio saggistico. Dell’ELEA 9003 si era già parlato, ci sono articoli, riviste che hanno dedicato pezzi ampi, ma una pubblicazione che ne ricostruisse la genesi e le conclusioni non c’era ancora. Mi sono proposto alla casa editrice Edizioni di Comunità e il progetto è piaciuto. Mettere insieme le informazioni che avevo raccolto per il mio romanzo e quelle trovate in tanti mesi di scrittura e di approfondimento mi ha convinto che potesse esserci una bella storia da raccontare. I miei libri nascono da qui, dai miei studi e dalla voglia di scoprire elementi storici che possano dare un senso al presente”.

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