Vai al contenuto

CuriosArte: Klimt, 14 figli illegittimi certi e la visione della gravidanza

CuriosArte: Klimt, 14 figli illegittimi certi e la visione della gravidanza CuriosArte: Klimt, 14 figli illegittimi certi e la visione della gravidanzaKlimt è di origine boema. Era figlio di un orafo trasferitosi a Vienna che potè permettersi solo di mandare il figlio a studiare alla scuola di arti applicate. Nel 1892 dopo la morte del padre e del fratello per Klimt inizia un periodo di grande depressione.

Il suo rapporto con le donne deriva sicuramente dal suo vissuto familiare. Klimt seduce con il suo fascino e il suo talento e molte donne borghesi della Vienna benpensante vollero farsi ritrarre da lui e a volte vollero anche qualcosa di più.

Sarà per questo che si contano 14 figli illegittimi certi?

Passato alla storia come il più grande pittore dell’universo femminile, l’obiettivo che si prefigge di raggiungere è di immortalare nelle sue opere donne consapevoli della propria femminilità abbandonate spietatamente al piacere oppure che mostrano un corpo dalle fattezze androgine.

Nei numerosi ritratti emerge un profondo scavo psicologico, un interesse verso due mondi apparentemente diversi e distanti: astrattismo e volumetria, realismo e accentuato decorativismo. In particolare, Gustav Klimt è uno dei tanti artisti che tratta il tema della maternità, in tutte le sue sfaccettature, molto lontano dalle scene di amore e dolcezza che si vedono nei soliti quadri.
Fu molto probabilmente Mizzi Zimmermann, modella e amante di Gustav Klimt, all’epoca incinta, a fornirgli l’ispirazione per il motivo della donna in gravidanza, ricorrente nei suoi lavori. Durante la realizzazione di Speranza I, che tratta questo tema, morì improvvisamente Otto, il figlio di appena un anno nato dalla relazione con Mizzi.

Questo evento determinò una modifica alla concezione del quadro. La pezza di tessuto blu intessuta di fili d’oro, dietro alla donna incinta, rimanda alla speranza che dà il titolo all’opera, ma lo sfondo si popola di figure inquietanti. Accanto al gigante Typhon, volti con smorfie e ghigni sinistri, identificabili con le figlie del gigante, guardano la donna e simboleggiano malattia, morte, follia, voluttà e impudicizia, oltre a dolore. Il proprietario del quadro, Fritz Waerndorfer, fece realizzare per l’opera una sorta di scrigno richiudibile, che veniva aperto unicamente per mostrarla a cerchie ristrette di ospiti.

Il pubblico tradizionale vorrebbe infatti vedere rappresentato un corpo morbido, opulento, accogliente. Una maternità senza paure, timori. Una maternità amorevole e felice. Ma nell’opera di Klimt non si trova nulla di tutto questo. La ragazza è pallida, magrissima, il cui viso si staglia timidissimo e ossuto da sotto una matassa di capelli rosso rosso fuoco. Gli zigomi sporgenti, gli occhi cerchiati e le labbra serrate, nulla suggerisce o bisbiglia flebilmente speranza. Tutto è morte.

Il ventre è estremamente prominente dando l’impressione di essere qualcosa di estraneo al resto del corpo. La donna non ha le mani sul ventre a voler raffigurare un atto di dolcezza spontanea verso l’essere portato in grembo, al contrario raccoglie le braccia a seno, intreccia le dita quasi a volersi proteggere. Un gesto, quello della donna, di difesa. Non è la classica maternità a cui siamo abituati, ma resta comunque vera.

Klimt rappresenta un’altra faccia della maternità in una Vienna che non dà certezze.

Lo sguardo della donna gravida è puntato sull’osservatore, duro, freddo. È una maternità che non conosce dolcezza. Non conosce amore. Una maternità pervasa da un senso di inquietudine.

Sullo sfondo si intravedono oscure presenze, volti femminili più o meno deformati, come il mostro nero che attende la nascita del bambino per poterlo fagocitare.

Una figura che sembra anticipare la teoria dell Grande Madre di Jung. Da una parte abbiamo la sfera positiva della maternità che rappresenta la fecondità, la protezione; ma dall’altra abbiamo l’oscurità, abisso, l’oscuro, tutto ciò che promette, seduce e divora. È tutto ciò che risiede nell’inconscio.

Quest’opera decisamente avanti coi tempi dovrebbe farci riflettere. Perchè se una donna non vuole procreare allegramente non è ne diversa né sbagliata. Ma anche perchè esistono tante facce della maternità e non tutte sono belle, felici e spensierate. È normale anche avere paura di un futuro incerto.
Questo Klimt lo aveva compreso nel 1903.

Autore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Send this to a friend