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CuriosArte: Lo scultore che rinchiuse la vita nel marmo

CuriosArte: Lo scultore che rinchiuse la vita nel marmo CuriosArte: Lo scultore che rinchiuse la vita nel marmoGian Lorenzo Bernini per due anni fu legato a Costanza Bonarelli, effigiata dal maestro in una nota scultura. Un amore difficile, travolgente. Una donna bellissima e incostante. Seducente, amante passionale, collezionista d’arte, era moglie di un assistente scultore dello stesso Bernini.
Resa eterna nel marmo dal busto realizzato dallo scultore per proprio diletto artistico, senza committenza alcuna, scolpito nel suo fiorente miglior periodo lavorativo, intorno al 1636 e terminata nel 1637, quando divenne l’artista ufficiale del Papa e ottenne prestigiosi incarichi per la Santa Sede.
Bernini era amante impulsivo, gentile nei modi e nel carattere, ma incapace assoluto di autocontrollo emotivo, tale da scatenar violenza inaudita, a causa della sua gelosia per l’amante, e per i continui sospetti e le voci che proliferavano.

Gian Lorenzo ebbe la sfortuna di innamorarsi di un’autentica sirena ingannatrice, incapace di amare troppo a lungo la stessa persona. Probabilmente non fu il più grande amore di Bernini quello per Costanza, ma il più passionale e disperato sicuramente sì.
Una sera preso dall’ira e dai sospetti, l’artista si nascose fuori dalla dimora di Costanza, e quando vide uscir dal portone la donna accompagnata dal fratello minore Luigi Bernini, in atteggiamenti intimi, la violenza passionale sfuriò inseguendo il fratello con la spada sino all’entrata di Santa Maria Maggiore, per poi ridurlo in fin di vita davanti a una folla estasiata e impietrita da tale violenza, da quelle mani miracolose, chiamate sante dal Papa stesso come concessione divina tra uomo e divinità; ora sporche di sangue, di omicidio.

Ma il fratello sopravvive.

La madre presa dal terrore per il figlio minore, scrisse di pugno una lettera al Cardinal nipote, Barberini, affinché esiliasse Gianlorenzo per un periodo di tempo, ma la risposta giunse da Papa Urbano VIII, che esiliò invece il figlio minore ed innalzò l’elogio su di Gianlorenzo scrivendo di lui \”Huomo raro, ingegno sublime, nato per disposizione Divina, e per gloria di Roma, a portar luce a questo secolo\”.

L’artista se la cavò con una simbolica multa, nonostante la vigliacca vendetta che meditò anche sull’amante; inviò presso la sua dimora un suo servo, e con la scusante di una consegna di un dono, l’uomo ebbe l’ordine di sfregiare il volto della donna con una lametta. Quel volto armonico di bellezza reso eterno dal marmo, fu dunque per la vita rovinato e segnato.

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Punizione terribile per chi teneva più di tutto alla propria vanità e alla propria bellezza irresistibile. Bernini si sarebbe consolato di lì a poco sposando il 15 maggio 1639 Caterina Tezio, che gli sarebbe stata fedele compagna per ben 34 anni, ma il ricordo di Costanza sarebbe sempre rimasto rinchiuso come un segreto inconfessabile in quel meraviglioso marmo ‘vivo’ custodito dall’artista come il più prezioso dei tesori.

La donna fu punita per adulterio e rinchiusa in un converto per espiarne il peccato.
Partendo dalla strana inquietante bellezza del busto, che sembra contenere a fatica lo slancio vitale della donna e ricordando il tradimento di lei con il fratello dello scultore e la vendetta terribile di Gian Lorenzo, Lamberto Motta ne ha ricavato un racconto, La vita nel marmo, contenuto nel libro La foresta nell’anima.
Il busto è conservato presso il Museo Nazione del Bargello di Firenze.

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