Recensione: Egon Schiele - Una storia romantica e crudele Recensione: Egon Schiele - Una storia romantica e crudele
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Recensione: Egon Schiele – Una storia romantica e crudele

Recensione: Egon Schiele - Una storia romantica e crudele Recensione: Egon Schiele - Una storia romantica e crudeleEgon Schiele
il diavolo in corpo
di Eva Di Stefano
Giunti Editore

La sofferenza è da sempre oggetto di ogni forma di rappresentazione umana. L’arte cerca di afferrare il significato della vita, mai tanto urgente come nel momento del dolore e della sofferenza.
Vienna, Belle Époque, “un miraggio che nel 1914 un colpo di pistola nella lontana Serbia avrebbe spazzato via per sempre”. In questo fragile contesto si svolge la breve vicenda umana e artistica di Egon Schiele. Questo volume straordinariamente illustrato, assume le sembianze di un romanzo di formazione di un ragazzo di provincia, talentuoso, ambizioso, ma anche ingenuo, tormentato dalle domande tipiche di ogni adolescente, sul sesso, l’identità, la tensione tra vita e morte.

Questo volume tuttavia non è solo la storia di come l’arte di Schiele cresca e si migliori, sperimentando i diversi stili, all’epoca considerati d’avanguardia. Sono disseminate tra le letture critiche delle sue opere, citazioni dello stesso artista e dei testimoni coevi, epistolari, memoriali, documenti. Abbiamo tra le mani così non solo un catalogo d’arte ma anche un catalogo di destini umani, spesso difficili, la cui “somma compone quello straordinario mosaico infranto da due guerre mondiali che si chiama mitteleuropa”.

L’intento intimo dell’autrice Eva Di Stefano sembra essere quello di scardinare la raffigurazione stereotipa di Schiele, simbolo dell’artista incompreso, un artista frustrato e alienato da una società percepita come bigotta e ignorante. Il vero fine di questo volume sembra essere quello di mostrare Schiele in tutta la sua fragile umanità pervasa da una dolce, inquietante ossessione.

Egon Schiele nasce il 12 giugno del 1890 a Tulln an der Donau. In una vecchia foto di famiglia accanto alle sorelle stringe a sé una locomotiva giocattolo. Egon è fiero di essere il figlio del capostazione, la sua infanzia è scandita dallo sferragliare e sbuffare dei treni. Scolaro svogliato preferisce trascorrere il tempo disegnando accuratamente i suoi treni con la matita ripassata con l’inchiostro. Molti dei personaggi che avranno un ruolo importante nella vita dell’artista saranno legati al mondo ferroviario.
Il padre, persona eccentrica, amante del lusso, era portato a vivere al di sopra delle proprie possibilità, in bilico tra sogno e realtà, cominciò a dare segni di squilibrio mentale, confondeva arrivi e partenze dei treni e negli ultimi anni della sua vita si intratteneva con un’ospite invisibile. Per questo ospite faceva ogni giorno apparecchiare un posto a tavola. Questo fantasma opprimerà il piccolo Egon.

Questa la radice dell’ossessione futura dell’artista per la figura del sosia funesto, quel duplicato di sè che incombe alle sue spalle in tanti autoritratti.

Folgorante, durante gli anni di liceo, fu anche l’imbattersi nella scoperta recente dei raggi X, cruciale per molti artisti del primo ‘900. Attraversare visivamente quanto nascosto nei corpi, scoprire la loro struttura interna, ispirerà tutti quei pittori alla ricerca di una verità interiore. I raggi X trasformano i corpi viventi in un potente memento mori.
Un rapporto speciale e affettuosissimo fin dall’infanzia, legava Schiele alla sorella minore Gertrud, detta Gerty. I due ragazzi sono complici nelle prime esperienze artistiche, lei sarà per lui modella e musa. Egon la sveglia a qualsiasi ora per chiederle di posare e lei “posa per lui volentieri, in segreto anche nuda, a dispetto di ogni norma morale dell’epoca”.

Ma la prima vera relazione sentimentale di Schiele sarà con Wally Neuzil, l’ex modella e amante di Klimt. Lui ha ventun’anni, lei diciassette, per alcuni anni saranno inseparabili, ma ben presto Wally dovrà lasciare il posto a quella che sarà anche sua moglie, Edith Harms.

Scoppia la prima guerra mondiale: sarà la fine di un’epoca, Schiele è chiamato alle armi. Continua a disegnare e dipingere, con un tratto sottile di matita esegue ritratti di ufficiali e prigionieri con i quali ama intrattenersi. Nell’uno e nell’altro caso disegna l’uomo e non il ruolo, uomini smarriti accampati nel vuoto del foglio, alla deriva come il loro destino.

Mentre si spengono gli ultimi fuochi di trincea della grande guerra, esplode la terribile epidemia di spagnola che ucciderà più della guerra stessa. Il 20 ottobre 1918, Edith incinta di sei mesi si ammala di quella terribile febbre, assistita dall’artista che elemosina carbone agli amici per tenerla al caldo, muore il 28 ottobre. Il volto ormai spento della moglie sarà l’ultimo disegno di Schiele, che già malato, si spegne tre giorni dopo. Ha solo 28 anni.

“Secondo la cognata Adele le ultime parole dell’artista sarebbero state:

-la guerra è finita e io devo andare,
i miei dipinti devono essere mostrati in tutti i musei del mondo,
i miei disegni saranno divisi tra voi e i miei familiari
e potranno essere venduti fra 10 anni –

Ed è andata così.”

Tantissimi i disegni, i dipinti, che accompagnano questa storia romantica e crudele. Tutti caratterizzati da una linea tagliente e incisiva, esprimono angoscia e mostrano impietosamente il drammatico disfacimento fisico e morale. Schiele è il pittore della condizione umana, troppo umana. L’artista guarda l’altra faccia dello specchio dove si stratifica l’origine più intima della sofferenza e nei suoi disegni gli dà corpo, non per negarla né per guarirla, ma per consolarla.

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