Recensione: "Il Decameron e il Medioevo rivoluzionario di Boccaccio" - Recensione: "Il Decameron e il Medioevo rivoluzionario di Boccaccio" -

Recensione: “Il Decameron e il Medioevo rivoluzionario di Boccaccio” –

Recensione: "Il Decameron e il Medioevo rivoluzionario di Boccaccio" - Recensione: "Il Decameron e il Medioevo rivoluzionario di Boccaccio" - Il Decameron e il Medioevo rivoluzionario di Boccaccio
di Renzo Bragantini
Carocci Editore
Collana
Frecce

Questo saggio di Renzo Bragantini non è il solito saggio su Boccaccio e sul Decameron.

Come dice l’autore stesso, c’è un’ampia letteratura al riguardo se ci aspettiamo una monografia che fornisca un quadro generale e sistematico del Decameron.

Mentre l’autore spiega le ragioni di questa diversità del suo scritto non ho potuto non pensare a Giovanni Reale che, nel commentare gli scritti di Platone, asseriva che “ciò che è profondo ama la maschera”.

Questo saggio cerca di andare sotto la maschera, vuol vedere cosa è celato e non visibile ai più.

Per questo motivo si è, da principio, anche voluto soffermare sui vari fraintendimenti, anche illustri, cercando di comprenderne le motivazioni, tutte legate alla chiave di lettura utilizzata.

Ma quale chiave di lettura utilizzare?

Lo stesso Boccaccio, come ci dice l’autore, auspicava una lettura controllata della propria opera perché non tutti erano in possesso degli strumenti per poterla comprendere e apprezzare fino in fondo.

Boccaccio, in pratica, si stava interrogando intorno alla questione dei lettori, al fatto che l’opera diventa dei lettori e non più dell’autore e si poneva la questione della fruibilità dell’opera da parte di essi

Sul come e il perché di Boccaccio del suo/nostro Decameron rimando alle splendide parole di Renzo Bragantini all’inizio del saggio:

Finora ho solo trattato di come, a mio giudizio, si deve leggere il testo, e anche, se non è troppo pretendere, di come non bisogna farlo. Ma non mi posso sottrarre all’altra, ben più insidiosa, domanda: perché leggere, oggi, il Decameron? Il quesito non me lo porrei se alcuni illustri studiosi e attrezzatissimi lettori non l’avessero espresso, più o meno direttamente, ma inequivocabilmente. Per ora posso solo anticipare un tentativo di risposta: il Decameron va letto per avere un’idea concreta della ricchezza della civiltà letteraria del tardo Medioevo, che accosta, insieme all’impareggiabile disegno della Commedia e all’esemplare lirico per eccellenza del Canzoniere, un testo che di essi in qualche misura si nutre, ma che da essi per altri versi radicalmente differisce. Ciò avviene perché nel libro novellistico vengono proposti molti degli assilli intellettuali, religiosi, politici, morali, di quei due culmini, e allo stesso tempo se ne sceneggiano gli esiti nella vita quotidiana, se ne ferializzano, per così dire, i picchi problematici, mettendoli a confronto con la dimensione ineludibile dell’evento; il che in fondo non è che l’altra faccia della democrazia stilistica del capolavoro di Boccaccio”.

L’originalità del saggio è nel differente modo di porsi in relazione con il saggio, indagando il “celato”, ciò che sottende, e restituendo all’opera la sua grandezza in ogni aspetto, perché una lettura poco attenta o superficiale restituisce solo un aspetto dell’opera che è, però, solo uno dei componenti, ma non il componetene di un’opera ben più complessa, profonda e innovativa.

Il saggio ha una struttura in più parti con, ognuna, un intento dichiarato.

Dalle motivazioni sulla poca popolarità in Italia e ai vari fraintendimenti relativi al “celato”, si passa a quella che è la fisionomia del testo e poi alla sua struttura e relative strategie.

Solo così si può parlare dei personaggi, dei gruppi sociali e dei ruoli e, solo in seguito, poter cercare di comprendere come lavorava Boccaccio.

Accostando Boccaccio a Dante e all’amico Petrarca, molti critici son caduti nel paradigma dell’unità, attraverso la cui lente, Boccaccio appare più sfocato rispetto agli altri.

Per venire a capo dell’organismo testuale decameroniano occorre, però, come ci dice l’autore, rivolgersi, invece, alla varietas a cui rimanda Boccaccio stesso in più luoghi del testo, ovvero di questi “racconti raccontati” dai dieci narratori e personaggi del Decameron.

La sua attualità è nella proposta, tra le righe e per chi sa leggere oltre il testo, di una nuova società civile, nata da un’amicizia che condivide tre principi: honestum, decorum e utile (nel senso di salvaguardia della salute e, in ultima istanza, della vita, per poter sfuggire a un morbo, minaccioso, alle porte; tema quanto mai attuale nella nostra società pandemica, con la lezione di recuperare quel tessuto sociale che, a inizio pandemia, abbiamo sacrificato in vista di un bene considerato più alto, senza considerare che tutti i fattori erano in gioco. L’insegnamento del Decameron parte da quel tessuto sociale e da una società che riparte dal sociale, dalla comunità, dall’amicizia).

Prendendo ancora a prestito le parole dell’autore, Renzo Bragantini:

“…si tratta di leggere il Decameron in ottica medievale: tenendo cioè ben in mente che, se il cortex ludico resta sempre in vista, la medulla, la tensione verso una comunità di concordia sociale, celata da quella scorza piacevole, resiste a ogni reductio ad unum del libro”.

Nel saggio si respira un amore immenso per il Decameron che porta, individuati i fraintendimenti, a supportare antichi e nuovi lettori verso una lettura più aperta e senza fraintendimenti, una lettura che vada oltre, come ben oltre è andato il Boccaccio; come ben oltre è andato l’autore.

Oltre la maschera, un messaggio d’amore, in tutti i suoi aspetti.

Autore

Articoli simili

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *