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Recensione: “La mente delle piante, introduzione alla psicologia vegetale”

“Il fatto è che a volte le storie che riguardano il mondo vegetale sono così incredibili che non c’è bisogno di cercare il sensazionalismo”.Recensione: "La mente delle piante, introduzione alla psicologia vegetale" Recensione: "La mente delle piante, introduzione alla psicologia vegetale"

Questo agile volume, La mente delle piante. Introduzione alla psicologia vegetale (il Mulino) è senz’altro una lettura insolita e inaspettatamente affascinante.

Avrete sentito parlare della Mimosa pudica, una graziosa piantina, famosa poiché in risposta agli stimoli esterni, ad esempio quando viene toccata, richiude prontamente le sue foglioline, si ritrae timidamente!

Le piante, come tutti gli altri esseri viventi, crescono, si riproducono, cacciano e si difendono dai predatori. Ma i loro movimenti sono lentissimi, tanto da sembrare praticamente immobili ai nostri occhi. La mimosa pudica rappresenta una eccezione, poiché la vediamo muovere e reagire nell’immediato. Questa sua capacità ha incuriosito la ricerca e ha fatto sì che si sia giunti a importanti osservazioni circa la capacità delle piante di “ricordare”.

Forse parlare di mente e psicologia di una pianta ci crea una sorta di imbarazzo, soprattutto perché questi esseri non hanno un vero e proprio organo simile al nostro cervello.

Ma a quanto pare anch’essi hanno una memoria che permette loro di ricordare gli eventi più importanti della loro esistenza. Le piante quindi formano dei “ricordi” tenendo traccia della loro esposizione a caldo e freddo prolungati, siccità, patogeni e lunghezza del giorno.In fondo pensare non è altro che la capacità di recepire stimoli dall’esterno, elaborarli e utilizzarli per porre in atto strategie di sopravvivenza.

È proprio grazie a questi meccanismi, che una pianta “ricorda” l’esatto momento dell’anno in cui fiorire o perfeziona la sua risposta ad uno stress ambientale dopo esservi stata ripetutamente esposta.

Ma come avviene la percezione del mondo esterno da parte dei vegetali? L’autore con un colpo di genio, tratta le piante alla stregua degli altri esseri viventi e dedica un intero capitolo ai loro cinque sensi e agli organi preposti. Così possiamo apprendere che le pante hanno occhi, orecchie, bocche, epidermide e persino nasi! Ebbene sì, anche nasi…anzi sembra che l’olfatto delle piante sia uno dei sensi più sviluppati. A tal proposito si può fare un simpatico esperimento. Pare che il gas etilico faccia maturare qualsiasi frutto. L’etilene funziona come un ormone gassoso. Se si mettono in un sacchetto un frutto maturo e uno acerbo, il frutto maturo viene “annusato” da quello acerbo che maturerà rapidamente. In altri termini, i due frutti si scambiano informazioni riguardo al loro stato fisico.

Perché sembrerà strano ma le piante comunicano. Esse hanno un vero e proprio linguaggio. Usano per lo più messaggi cifrati fatti di colori, forme, odori. Ma c’è anche una comunicazione più profonda, sotterranea, attraverso le associazioni simbiotiche tra funghi, radici e batteri.

Ancora più sorprendente è la loro vita sociale. Le piante sono capaci di discriminare componenti provenienti dal proprio organismo da componenti provenienti da organismi esterni. A testimonianza di ciò, la capacità di molte piante di evitare l’autofecondazione perché geneticamente svantaggiosa.
Inoltre esse sviluppano veri e propri legami di parentela. Saper distinguere i propri familiari offre una serie di vantaggi, primo tra tutti evitare dispendiosi processi competitivi con essi.

Si è notato che le piante sorelle hanno foglie che si toccano e si intrecciano, cosa che difficilmente avviene tra piante non imparentate che tendono a crescere dritte verso l’alto senza “abbracci”.

Questo aspetto sorprendentemente “umano” pone una serie di interrogativi su come esseri privi di sistema nervoso centrale, possano dimostrare comportamenti intelligenti e persino affettivi.

Restano mille curiosità affascinanti, come le geometrie nascoste delle spire delle corolle dei girasoli, delle pigne, o dei broccoli romani.
Se pazientemente si contano tali spire si trova che ricorrono quei pochi numeri, appartenenti alla successione 0.1.1.2.3.5.8.13.21.34… la successione di Fibonacci!

Si tratta solo di un caso? L’aspetto più interessante è che a partire da una sequenza puramente geometrica, matematica, derivabile da una successione di numeri si può derivare una costante su cui anche la Natura fonda le sue forme, in una sorta di passaggio figurato dall’inanimato all’animato. È un altro dei segnali che le piante sono molto più simili al mondo animale di quanto pensiamo.

Umberto Castiello è professore ordinario di Psicobiologia e Psicologia fisiologica nel Dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova.

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