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Recensione: Piccolo manuale del dopo del dopo – Le Colonne d’Ercole della nostra vita

Recensione: Piccolo manuale del dopo del dopo - Le Colonne d’Ercole della nostra vita Recensione: Piccolo manuale del dopo del dopo - Le Colonne d’Ercole della nostra vitaPiccolo manuale del dopo del dopo
di Roberta Sava
Dissensi Editore

Nel “Piccolo manuale del dopo del dopo”, di Roberta Sava, l’autrice si rivolge continuamente all’ipotetico lettore con l’intento di farlo riflettere su che cosa veramente lui desideri dalla propria vita e di essergli perciò di aiuto, nel caso in cui si trovi in una delle situazioni descritte.
Scrivendo un manuale, cioè un insieme di consigli sul comportamento da adottare, Roberta Sava, scrittrice nonché psicoterapeuta, si prefigge lo scopo di garantire al lettore “rinascita e speranza”, narrando il “dopo del dopo” di tante persone che sono riuscite a uscire da una “relazione abusante” e a ricostruire così la propria vita.

Ma che cos’è il “dopo del dopo” a cui fa accenno il titolo del libro?
Il “dopo” è ciò che avviene in seguito a un cammino travagliato da cui siamo appena usciti. Quando riprendiamo in mano la nostra vita e abbiamo imparato a essere “liberi dall’obbligo di essere perfetti” e di non sbagliare mai, finalmente siamo nella fase del “dopo del dopo”.

Roberta Sava si propone di indicare al lettore che anche per lui c’è il dopo del dopo che lo aspetta, utilizzando la metafora del Mediterraneo, rassicurante, e del vasto oceano, che invece è senza nessuna terra all’orizzonte. Si tratta, cioè, di superare metaforicamente le Colonne d’Ercole, di andare consapevolmente incontro all’ignoto e di scoprire di avere delle “stupefacenti doti di marinaio”.
Ognuno di noi, avverte l’autrice, a un certo punto deve chiedersi cosa vuole veramente dalla vita, entrare in contatto con se stesso e tagliare “i rami secchi”, per dare “spazio ai nuovi germogli”. Per riuscire a fare ciò occorre una volontà ferrea e, usando una bellissima metafora, Roberta Sava dice che in questo modo “da bruco siamo finalmente farfalla”, perché s’impara a “vivere” e non a “sopravvivere”.

Naturalmente l’autrice, domandandosi quale sia il significato della nostra vita e il suo scopo, spiega la grande differenza che c’è tra questi due termini, che non sono per niente interscambiabili.

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