Quello di Chernobyl resta il più grande incidente mai avvenuto in una centrale nucleare. E’ il 26 aprile del 1986 quando il personale del reattore numero 4 inizia una serie di test che causano lo scoppio del reattore stesso.
Viene istituita la zona rossa per tutti i territori limitrofi. I paesaggi diventano spettrali come nei film apocalittici. Oltre trecentotrentamila persone vengono evacuate e reinsediate in altre zone mentre le nubi radioattive si estendono fino a raggiungere l’Europa intera.
Protagonista della sedicesima puntata di “Ossi di Seppia. Il rumore della memoria”, dal 26 aprile in esclusiva su RaiPlay, è Diana Lucia Medri, all’epoca dei fatti una bambina che abitava in una cittadina della Bielorussia, a qualche decina di chilometri dalla centrale nucleare.
Quell’esplosione le cambierà la vita: Diana perde la sua famiglia e viene adottata in Italia da due coniugi di Codogno. E’ proprio qui che, quasi 35 anni dopo, per un assurdo gioco del destino, scoppia il primo caso di coronavirus e viene istituita la zona rossa.
Altri paesaggi spettrali, altro silenzio, altra paura, altro nemico invisibile. A Diana sembra rivivere un film già vissuto, le radiazioni da un lato e il virus dall’altro e nel suo racconto “ricorda per ricordare agli altri”.
Un racconto seriale emozionale e immersivo, rivolto alla Generazione Z e ai Millennials, un antidoto per frenare la perdita della memoria collettiva. Ed è questo l’obiettivo principale della serie prodotta da 42° Parallelo per la piattaforma OTT del Servizio Pubblico.