Una valle poco conosciuta cha ha conservato nel tempo la sua natura autentica e la memoria di tradizioni antichissime: è il paesaggio che accompagna il doc di Monica Ghezzi “Val di Zoldo”, in onda domenica 24 aprile alle 22.00 su Rai 5. Il viaggio nel cuore delle Dolomiti sud-orientali comincia dalla Valle del Piave e, precisamente, da Longarone e dal ricordo della tragedia del Vajont. Sulle sponde del Piave, l’incontro Arnaldo, uno dei pochissimi sopravvissuti al disastro che in pochi minuti provocò quasi 2000 vittime. Quando se ne parla, anche tra le nuove generazioni, c’è sempre un “prima” o un “dopo” la tragedia, come spiega Cristina, giovane giornalista appassionata di musica e di montagna. Nelle sue escursioni le capita spesso di imboccare la strada provinciale 251 per raggiungere la Val di Zoldo. Qui, a Forno di Zoldo, il comune principale della valle, c’è Angelo, il medico del paese, appassionato cultore della sua terra e dello scrittore Sebastiano Vassalli che proprio in questa valle ambientò il romanzo “Marco e Mattio”. Il racconto di Angelo è quello di una persona che divide il suo tempo tra la professione di medico di montagna e il bisogno di divulgare la storia e le tradizioni della sua terra, come quella, imprescindibile, dei gelatieri.
La Val di Zoldo, infatti, è conosciuta come la terra dei maestri gelatieri: quasi tutti, qui, fin dal secolo scorso sono emigrati all’estero per sfuggire alla fame e trovar fortuna vendendo il gelato italiano. Come Bonifacio, che ha trascorso quasi tutta la vita in Germania ed ora si gode la pensione in un borgo vicino a Colle Santa Lucia, paese a minoranza etnica ladina. Un’identità molto sentita dalla piccola comunità, come mi spiega Giulia che in famiglia parla esclusivamente la lingua ladina. La sua casa è immersa nel bosco che porta ancora i segni della devastazione di Vaia, la tempesta che nel 2018 ha causato danni incalcolabili. Di Vaia parla anche Merino che con la natura e gli alberi ha un rapporto viscerale, tanto da definirsi “Il custode del bosco”.
Tra le altre voci ci sono anche quella di Tito Meneghetti, cuoco e appassionato hockeista che, insieme a suo padre e ai suoi 6 fratelli, ha dato vita alla fine degli anni ’80 ad una squadra da sogno, e quella di Giovanni, giovane studente che ha viaggiato per il mondo e che al termine degli studi ha deciso di tornare a vivere nei luoghi dove è nato per promuoverne la cultura e combattere l’inarrestabile spopolamento delle montagne.
Anche in Val di Zoldo, infatti, sono innumerevoli i piccoli borghi quasi abbandonati, uno fra tutti è Cercenà dove vive, isolato dal mondo, Giovanni, un simpatico ottantottenne, abituato ad arrangiarsi.
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