WONDER: Affettività e sessualità delle persone con disabilità motorie

WONDER: Affettività e sessualità delle persone con disabilità motorieÈ un’espressione di poche parole che, però, ha un grande valore, perché riguarda una sfera particolarmente sensibile e fondamentale delle persone con disabilità motorie.
in Italia esiste una legge che la tutela, ma questa non è supportata da un servizio regolamentato che possa aiutare le persone disabili a esplorare il proprio corpo e la loro emotività relazionale.
Persone disabili e associazioni a loro correlate hanno aderito alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, sostenendo il motto: “Nothing about us, without us” (“Niente su di noi senza di noi”). Il 24 febbraio 2009 anche il Parlamento della Repubblica Italiana ha ratificato il documento, che quindi è diventato legge dello Stato. Una legge che però non ha mai trovato una vera applicazione.

Eppure, l’importanza di tutelare e regolamentare questo diritto è ampiamente condivisa, l’ONU lo dichiara senza troppi giri di parole: “[…] accrescere il rispetto per i diritti e la dignità delle persone con disabilità; combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose concernenti le persone con disabilità, compresi quelli fondati sul sesso e l’età, in tutti gli ambiti; promuovere la consapevolezza delle capacità e i contributi delle persone con disabilità.”
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene la salute sessuale “uno stato di benessere fisico, emotivo, mentale e sociale legato alla sessualità, non riducibile all’assenza di malattia, disfunzione e infermità. […] Richiede un approccio positivo e rispettoso della sessualità e delle relazioni sessuali, così come la possibilità di vivere esperienze piacevoli, sicure e libere da coercizioni, discriminazioni e violenze.”

Se persino la Scienza e la Medicina affermano che la salute sessuale è importante per il corpo e la mente di ogni essere umano, perché a noi persone disabili non è concesso questo beneficio/diritto indispensabile? Forse questo è dovuto al fatto che la società ci infantilizza a tal punto da considerarci degli individui senza bisogni fisiologici e desideri erotici? La risposta, purtroppo, è affermativa. Questa osservazione deriva da una mia ricerca – ancora in corso – sull’argomento: ho somministrato un questionario a un campione di otto persone con disabilità motorie di età compresa tra i 17 e i 28 anni che hanno differenti orientamenti sessuali.

Alla domanda: “Spesso le persone disabili vengono infantilizzate, moltə tendono a considerarle persone che non hanno bisogno di rapporti sessuali. Sei mai statə giudicatə/vistə in questo modo, direttamente o indirettamente attraverso qualche comportamento che te lo ha fatto intendere?” hanno risposto di sì, riportando anche alcuni episodi accaduti. Ad esempio, Eleonora [nome inventato, ndr] racconta: “16 anni, su una corriera non accessibile, seduta sui sedili limonando con il mio ragazzo del tempo. Arriviamo alla fermata e lui scende a scaricare la carrozzina situata in uno spazio sotto. […] Una signora, che ha assistito a tutta la scena (bacio con lingua e scarico carrozzina), se ne esce dicendo: ‘È proprio bravo tuo fratello!’ Ora rendiamoci conto delle implicazioni mentali e degli stereotipi evidenti dietro questa affermazione… Cioè secondo lei l’incesto sarebbe stato più fattibile della circostanza in cui una ragazza in carrozzina (e quindi con disabilità motorie) abbia una relazione normale.”

Un altro esempio è l’esperienza di Diana: “Mi è capitato di discutere con un mio zio sull’argomento. Lui sosteneva che noi persone disabili siamo individui da proteggere perché fisicamente poco capaci di difenderci e nel suo modo di vedere non si accenna minimamente il concetto di sessualità nella disabilità.”
La maggior parte dei partecipanti al sondaggio – cinque su otto – comprende bene che il fatto che le persone disabili vengano infantilizzate dipende dagli stereotipi che purtroppo governano il mondo della loro sessualità.

Il primo della lista è quello secondo cui le persone disabili non abbiano bisogno di sperimentarsi sessualmente dato che la legge italiana non prevede unə professionista come lə LoveGiver (o, più chiaramente, l’Operatore/Operatrice all’Emotività, all’Affettività e alla Sessualità, O.E.A.S.), ovvero: una persona qualificata – può essere eterosessuale, bisessuale o omosessuale – che aiuti gli individui con disabilità a sperimentare sia il loro corpo, sia la parte emozionale, senza arrivare mai a una pratica sessuale vera e propria. Esiste un’associazione chiamata proprio “Lovegiver”, fondata da un ragazzo disabile, Maximiliano Ulivieri, che offre questo servizio ma non è sovvenzionata dallo Stato, perciò, chi vuole usufruirne deve pagare di tasca sua.

I soggetti disabili, quindi, devono poter contare su una discreta disponibilità economica per potersi permettere questa figura professionale oltre quelle di tutte le altre.
Riflettiamo un attimo insieme: il solo fatto che una persona con disabilità si debba rivolgere a figure specializzate per avere un assaggio di vita sessuale e/o emotiva, fa capire quanto sia poco inclusiva la società oggi nei confronti di chi è diverso e quindi quanto sia necessario sensibilizzare ogni giorno e il più possibile sul tema. Noi proviamo gli stessi sentimenti di tuttə, con l’unica differenza che abbiamo una menomazione.
Ritornando ai risultati della mia ricerca, alla domanda: “Hai mai fatto sesso?” solo tre persone su otto hanno dato una risposta affermativa. E anche questo è un dato parecchio significativo, che fa capire quanta strada ci sia ancora da fare per migliorare la nostra società.

Quanto a me, sono vergine e non ho mai dato il primo bacio. Desidero vivere esperienze di questo tipo, però sento e so che la gente normo-abile ha paura di toccarmi, spesso quasi come se fossi un alieno, forse perché non vuole farmi male e/o mi crede una ragazza “asessuata”. È un pensiero piuttosto comune, tanto che persino mia madre fatica a immaginarmi in un contesto simile. In genere, dietro questi modi di fare non si cela cattiveria, ma un’idea basata sulla paura del diverso costruita nel corso del tempo, che rappresenta un problema sempre più grande per noi. Ma io, e tantə con me, desidero solo scoprire cosa si prova vivendo le esperienze che vivono gli altri, normalmente, e questa esigenza nella mente di molte persone normo-abili non riesce a trovare spazio. Prova ne è il fatto che, spesso, se qualcunə si trova davanti a una coppia formata da unə partner disabile e l’altrə no, ne resta sconvoltə e inventa mille ipotesi irragionevoli per giustificare la propria reazione. Ma in realtà, c’è una sola soluzione semplice, chiara e umana ed è rendersi conto che una persona disabile può innamorarsi e avere una relazione sana e soddisfacente, sia con un altro essere umano disabile, sia con uno normo-abile.

Anche la scuola dovrebbe sensibilizzare educando lə ragazzə all’emotività, all’affettività e alle diverse sfaccettature della sessualità, incluse quelle di noi persone disabili, senza vergognarsi. Ecco cosa significa “fare una buona educazione sessuale” che, come hanno evidenziato tutti i partecipanti alla mia ricerca, si rivela necessaria ed essenziale per rendere la società più inclusiva e libera da pregiudizi, alimentati dalla paura del diverso e dall’ignoranza, utili solo a danneggiare, soprattutto, le “minoranze”, ma anche il prossimo in generale. E la cosa peggiore che un essere umano in quanto tale possa compiere è proprio fare del male a un suo simile.

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