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Recensione: “La festa del coronamento” – L’oblio di una vita pavida

Recensione: "La festa del coronamento" - L’oblio di una vita pavida Recensione: "La festa del coronamento" - L’oblio di una vita pavidaLa festa del coronamento, di August Strindberg, tradotto in modo sapiente da Franco Perrelli, è un piccolo ma intenso capolavoro letterario, edito dalla casa editrice Carbonio.
In pieno delirio da morfina, un uomo che giace a letto in seguito a un grave incidente, ripercorre in modo apparentemente caotico i ricordi e le emozioni dolorose derivanti dalle sue scelte e dai suoi fallimenti personali.
Nonostante il romanzo consista in un piccolo volume, che scritto benissimo, si legge in breve tempo, lascia per i contenuti e per l’attrazione che esercita sul lettore, una suggestione che non si esaurisce nello spazio e nel tempo della lettura.

I temi su cui il lettore è invitato a riflettere, mediante simbologie e parallelismi, sono molteplici.
Il flusso di coscienza dell’ammalato infatti affiora in modo convulso e frammentato e riguarda la gestione degli affetti, delle relazioni, la paternità, la vita e infine la morte.
È incredibile come poche pagine riescano a essere così ingombranti e intrise di solitudine.
Del protagonista non abbiamo contezza di un nome, né egli viene mai nominato con empatia dai medici e dagli infermieri che se ne prendono cura.

Questo espediente dell’autore, che conferisce al tutto un sentore autobiografico, non ci consente di empatizzare con il protagonista, ma di diventare acuti osservatori del suo flusso di coscienza, da cui tendiamo a prendere le distanze, con lo stesso atteggiamento paternalistico degli operatori sanitari al suo capezzale.

Il malato ha un insight: un frammento di canzone militare che provoca nella memoria il risveglio di un ego ipertrofico e dittatore, responsabile di una pretesa narcisistica e infantile di amore e che, misogino, non ha mai contemplato reciprocità nelle relazioni.

Nel suo flusso di memoria il malato appare paranoico, egoriferito, meschino, ma quel che è peggio, del tutto privo di consapevolezza.

Questa persona rispecchia tutto ciò che in noi è lato ombra: quello che ci impedisce di relazionarci in modo sano con gli altri, che ci rende richiedenti e paranoici nei confronti del giudizio e delle intenzioni di coloro che ci sono prossimi.

A fine lettura dunque proviamo un senso di liberazione che somiglia all’epilogo del romanzo: il coronamento.
Un coronamento che non è festa, espiazione, catarsi, perché nonostante il rimorso, il rimpianto e la solitudine, il nostro protagonista malato persiste nel suo stato infantile di pretesa senza alcuna consapevolezza e quello che nell’epilogo finale appare come il prato verde di un barlume di coscienza, rimane confinato in una inevitabile autoindulgenza, culminando infine nell’oblio della morte.

L’oblio del resto è “il coronamento” di una vita pavida, degna di essere dimenticata.

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