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Recensione: Piove per esigenze di trama – Il giallo dei personaggi in fuga dagli autori

Recensione: Piove per esigenze di trama - Il giallo dei personaggi in fuga dagli autori Recensione: Piove per esigenze di trama - Il giallo dei personaggi in fuga dagli autoriPiove per esigenze di trama
La prima indagine del commissario Elfo
di Nicolò Targhetta
Becco Giallo Editore

Molti credono che il peccato dell’autore sia la superbia, ma è la gola.
L’autore è un’entità famelica c
he arraffa dalla realtà tutto quello che può in una vertigine bulimica capace di trasformarlo, se stimolato, in un buco nero il cui unico scopo è inglobare indifferentemente tutte le vite che fanno l’errore di avvicinarsi troppo.”

Il libro di Nicolò Targhetta è un mix di generi letterari, il suo narrare tuttavia non si inceppa mai nel passaggio da un genere all’altro. Strani personaggi scappati dalle loro storie si rifugiano nell’improbabile spazio delle pagine di questo libro, dove realtà e letteratura convivono, persone e personaggi dividono le stesse angosce.

Protagonista suo malgrado è Elfo, commissario di periferia, un po’ paranoico, parecchio sociopatico, è in fuga dal suo autore e dalla saga fantasy  che torna a tormentarlo in forma di incubi la notte.

Perchè i personaggi di questo libro non desiderano essere personaggi, né essere incastrati in un genere, in una trama.

Come Tegolina, protagonista di una fiaba lituana, che vuole emanciparsi e va alla ricerca di un autore poliziesco che la faccia rinascere. Purtroppo per lei, capita nel commissariato più antinarrativo possibile, a fianco proprio di Elfo che rifugge qualsiasi “narrazione”.

Ma ecco che il libro si tinge di mistero, un noto autore di gialli muore e la trama si infittisce di segretissimi segreti. Povero Elfo! La trama è in agguato e forse a nulla servirà tentare di scappare.

Tra persone reali, personaggi e citazioni colte dei più disparati autori, il giallo non cala mai di tensione. È una meta-letteratura, dove i personaggi sanno di essere personaggi e dribblano il lettore, mentre cercano di sfuggire all’autore, a colui che scrive e imbastisce le loro vite.

Tra le pagine si faranno i più disparati incontri, Il piccolo principe e Il giovane Holden ad esempio fanno i camerieri in un bar.

Targhetta occupandosi di generi così strutturati e caratterizzanti, maneggia un’energia archetipa che metaforicamente sembra simile all’elettricità. Questa potenza elettrica può animare e illuminare ma nel posto sbagliato, nel tempo sbagliato, nella quantità sbagliata, con il narratore sbagliato, con la storia sbagliata, con un autore impreparato, con una persona che magari sa in parte che cosa fare, ma non sa che cosa non fare, non avrebbe prodotto l’effetto desiderato o avrebbe addirittura prodotto un effetto deleterio.

Invece tutto fila liscio, tutto si incastra perfettamente e noi lettori ci vediamo trasformati in collezionisti di generi, in collezionisti di archetipi.

L’archetipo può cambiare. L’archetipo in fondo è solo una entità riconoscibile, una vertenza di conoscibile, e se non si verifica alcun cambiamento, allora non si è stabilito un contatto reale con l’archetipo, non si è data trasmissione ma soltanto una narrazione retorica.

La trasmissione di una storia comporta una responsabilità di grande portata, per descrivere nei particolari i parametri usati in questo libro, servirebbe un numero infinito di parole.

Eppure Targhetta nello spazio limitato di un giallo, che a tratti ci strappa più di un sorriso e attimi di euforica allegria, fa un piccolo miracolo narrativo.

In questo spazio limitato proprio noi lettori siamo investiti della parte più importante, siamo incaricati di accertare che i personaggi siano completamente e chiaramente collegati mediante i fili giusti alle storie che portano e contemporaneamente negano.

È un incarico che vi invito ad accettare, io intanto ho accettato il mio e conservo gelosamente la mia copia autografa (hai visto mai!), da cui, seppur in una manciata di parole, traspare tutta la fresca ironia dell’autore!

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