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Recensione: “Ribelli d’Europa” – Le democrazie illiberali

Recensione: “Ribelli d'Europa” - Le democrazie illiberali Recensione: “Ribelli di Europa” - Le democrazie illiberaliRibelli d’Europa
Viaggio nelle democrazie illiberali da Visegrád all’Ucraina
di Alberto Simoni
Casa editrice: Paesi Edizioni
Collana: Montesquieu

Stiamo costruendo uno Stato volutamente illiberale, uno Stato non liberale perché i valori liberali dell’Occidente oggi includono la corruzione, il sesso e la violenza” (Viktor Orbán).

Chi sono i ribelli d’Europa?
Si pensa solitamente a dei personaggi. Ma se fossero delle nazioni intere?
Occorre, innanzitutto, interrogarsi sull’Europa e su come è avvenuto l’allargamento a est.
E, prima di tutto, è d’uopo cercare di comprendere la genesi di un libro così particolare.

Le parole dello stesso autore, Alberto Simoni, ci sono d’ausilio.

Questo libro è nato il giorno in cui ho deciso che avrei intervistato Viktor Orbán. Ho cominciato a studiare il personaggio, a immergermi nella storia dell’Ungheria, a sfogliare riviste, a consultare libri, a contattare esperti, reduci del 1989, vecchi amici e nuovi avversari, politici, diplomatici, analisti; sono andato tante volte a Budapest dove in realtà ho finito per essere più attratto dal goulasch di un ristorante sulla collina di Buda che dalla ricerca.

Ricordi a parte, l’autore ci mette al corrente dell’intento iniziale: cercare di comprendere se l’idea di Europa di un premier che da anticomunista negli anni Novanta e diventato demolitore dei valori della democrazia liberale, fosse espressione diffusa nel suo paese, oppure un suo modo di far vedere di saper tener testa ai grandi dell’Unione europea.

L’intento iniziale si è, poi, per forza di cose, ampliato.
Come ci ricorda l’autore,
Visegrád non ha mai goduto di tanta popolarità come in questi ultimi anni.
Sappiamo che i quattro del gruppo di Visegrád (V4) sono Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria.

Il gruppo dei quattro sembra abbastanza compatto per quanto riguardano, in linea di massima, le politiche da adottare sull’immigrazione; è, invece, disgiunto per quanto riguardano le posizioni su Putin, fino a mostrarsi più come due gruppi (V2 + V2) dove abbiamo, da un lato, Slovacchia e Ungheria che sono scettiche sulle sanzioni, disposte e pagare in rubli e non favorevoli all’embargo su petrolio e gas e che non disdegnano l’eventualità di riaprire un dialogo con Putin; dall’altro lato, abbiamo Polonia e Repubblica Ceca che hanno riaperto un dialogo per la costruzione di un connettore di gasdotti nella parte orientale della repubblica Ceca e che, dopo una iniziale linea dura anti-Cremlino, hanno poi appianato le divergenze trascorse.

La lettura di questo saggio ci catapulta in una serie di analisi di geopolitica, di storia, di considerazioni filosofiche sulle “democrazie illiberali”, di risvolti psicologici e sociali che fanno riflettere in modo diverso su questioni che sono, sì, presenti nei nostri discorsi e nel nostro quotidiano, ma che non padroneggiamo ancora completamente.

Non li padroneggiamo davvero perché senza conoscere il “cosa”, il “come” e il “perché” dei ribelli d’Europa, i loro equilibri interni e l’atteggiamento verso l’esterno, il loro essere semplicemente loro stessi con la loro storia e peculiarità, non possiamo davvero comprendere sino in fondo cosa sta accadendo in questi tempi.

Un libro unico nel suo genere, attuale come non mai, indispensabile e “ribelle” nel tracciare in modo così chiaro, puntuale e preciso i “Ribelli d’Europa.

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