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Recensione: “Un cuore al buio – Kafka” – Le donne e Franz

Recensione: "Un cuore al buio - Kafka" - Le donne e Franz Recensione: "Un cuore al buio - Kafka" - Le donne e FranzUn cuore al buio – Kafka
Manuela Cattaneo della Volta, Livio Sposito
Francesco Brioschi Editore

Una verosimile cronaca amorosa dello scrittore riconosciuto come uno dei massimi interpreti del Novecento. Esponente del romanzo esistenzialista e del realismo magico europeo, i suoi libri racchiudono gli incubi e i dolori di una vita drammatica all’ombra dei due oscuri conflitti mondiali.

Nato a Praga da una famiglia di origini ebraiche, Kafka è un ragazzino magro e timido, maggiore di sei figli, sottomesso all’autorità di un padre anaffettivo che non riesce a essere attenuata dalla madre, troppo debole per contrastare il marito. La dolorosa infanzia e adolescenza ritrova eco in tutte le sue opere, in particolare nella sofferta Lettera al padre scritta nel 1919.
Scrivere in forma di lettera sembra essere una sua necessità vitale.
Gli autori del romanzo, proprio attraverso la sua intensa attività epistolare, hanno provato a ricomporre la storia delle donne ammaliate dallo scrittore assetato d’amore, ma terrorizzato da esso allo stesso tempo.

Una storia che si intreccia con i dolorosi anni delle guerre, delle deportazioni e delle persecuzioni naziste.

L’uomo Franz Kafka, intrappolato nelle sue paure non riuscirà mai ad avere una situazione sentimentale definita, nonostante la sua vita venga attraversata da diverse donne.
A disagio con il proprio corpo e assiduo frequentatore di bordelli e prostitute, pur provandone vergogna, non riesce a dare concretezza ai suoi rapporti sentimentali, trova dunque uno spiraglio negli amori platonici epistolari. Il primo fu quello con Felice Bauer che si consumò in due fidanzamenti mai portati a termine e in una lunga sequela di 600 lettere.
Un intenso carteggio fu scambiato anche con Grete, amica di Felice, trascinata dal fascino tenebroso dello scrittore in un logorante triangolo amoroso, da cui venne alla luce un bambino morto precocemente, di cui Kafka non seppe mai.
E poi Julie, giovane, innamorata, ben presto messa da parte per la successiva illusione d’amore.
Di natura epistolare sarà anche l’amore con Milena Jesenskà, donna sposata e sua traduttrice, a cui Kafka affiderà poi i suoi diari.

La ricerca appassionata dei due autori si basa su documenti, lettere e diari dello scrittore, parte dei quali purtroppo andati smarriti, perduti o bruciati tra una guerra e l’altra, alcuni sequestrati dai nazisti.

Il risultato è un ritratto limpido e vibrante di cinque donne straordinarie e dell’universo femminile dell’Europa dei primi del ‘900. Cinque donne cesellate in cinque capitoli recanti il loro nome accompagnato dall’opera creata da Kafka durante la loro frequentazione.
Donne emancipate, coraggiose, pronte a sfidare le nevrosi di un uomo perso nelle sue paure, nei suoi scritti, prigioniero della sua elegante calligrafia con cui tesseva vicende tanto paradossali quanto lucidamente reali e introspettive. Come diceva lui stesso, era “fatto di letteratura, non sono e non posso essere altro”.
Tra esse solo Dora riuscirà a vincere l’ipocondria di Kafka e a prendersene cura fino alla morte nel 1924. Dora Diamant sulla cui lapide si legge: “Chi ha conosciuto Dora sa cosa vuol dire amore”.

Proprio con Dora, durante la sua quotidiana passeggiata al parco, Franz Kafka incontra Elsi, una bambina in lacrime perché aveva perso la sua bambola. Colpito dall’intensità di quel dolore, l’autore della Metamorfosi si inventò una storia per consolare la piccola: la bambola è partita per un viaggio e lui, che si definisce il postino delle bambole, il pomeriggio seguente le recapiterà una sua lettera.

La bambola nella lettera spiegava il perché del suo viaggio e prometteva di scrivere ogni giorno, e Kafka scrisse una lettera ogni giorno, raccontando di sempre nuove avventure.
Questo modo gentile di preparare la piccola all’inevitabile rinuncia è lo stesso che Kafka ha usato con le donne che aveva provato invano ad amare. Attraverso lunghe e infinite lettere le aveva preparate alla inevitabile fine, dissuase dall’amarlo, mostrato loro le sue pecche e le sue mancanze, le aveva così istruite al distacco.
Kafka aveva cercato di risolvere i conflitti attraverso la scrittura, attraverso il “mezzo più efficace di cui disponeva personalmente per riportare ordine nel mondo”.
Quel mondo che si andava perdendo in una follia generale e che avrebbe portato alla morte nei campi di concentramento le sue sorelle, le sue donne, la sua gente. La malattia di Franz Kafka, rinvigorita dalla fame e dal freddo che l’autore dovette sopportare negli ultimi tempi della sua vita data la crisi generale e le scarse possibilità economiche, fu paradossalmente, provvidenziale: lo salvò dalle mani dei nazisti.
A salvare i suoi scritti inediti, le sue lettere, i suoi diari ci pensarono le persone che lo amarono, perchè nonostante facesse di tutto per dissuadere chiunque dal farlo, e nonostante il buio in cui era immerso il suo cuore, Kafka fu molto amato.

 

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